Il Festival delle polemiche, il Festival dell’austerity, il Festival delle risate e, infine, il Festival dei grandi numeri. Dopo aver ospitato sul palco dell’Ariston il Coro dell’Arena di Verona sulle note del “Va pensiero” e la poderosa Armata Russa assieme al suo “caporale per una notte” Toto Cutugno, il teatro si tinge di rosa lanciando un messaggio di rilevanza etica e sociale: la lotta al femminicidio e la difesa dei diritti delle donne.
In occasione del One Billion Rising, il flashmob planetario che ha raccolto l’adesione di 202 Paesi sotto l’invito di Eve Esler, anche il Festival di Sanremo accoglie l’iniziativa ospitando sul palco duecento donne comuni scese in campo per dire “basta” alla violenza che colpisce numerosissime donne indifese e innocenti come ricorda Luciana Littizzetto nel suo monologo sull’amore e le perfette regole che regolano un rapporto. La Littizzetto si auspica un mondo dove tutti i diritti vengano riconosciuti, non solo quelli legali, ma anche quelli dell’anima; si augura un confronto più blando con l’arrosto della suocera e, soprattutto, il rispetto di ogni donna.
“Un uomo che ci mena, non ci ama” e “Un uomo che ci picchia è uno stronzo!“: queste sono le massime con cui chiude il suo intervento sotto gli applausi scroscianti del pubblico dell’Ariston. Le luci si fanno più intense, il led si alza e svela l’esercito di donne che ballano sulle note di “Break the Chain“, la canzone scelta dal One Billion Rising per il flashmob eseguito in tutto il mondo. Malgrado una certa insicurezza nei movimenti, degna dei volteggi della De Filippi, la Littizzetto ha dato vita alla sua migliore performance, legata a un’intelligenza e a una dichiarazione d’intenti sempre vivida e, purtroppo, attuale.