Lingua felpata, cazziata (come dice lei) in diretta per la gestione ballerina del ritmo e dei tempi, genuflessioni continue (ai limiti del ‘paraventismo’) alla linea di Lorenza Lei che qualche discorsetto di indirizzo glielo avrà fatto bello e chiaro: l’esordio di Victoria Cabello a Quelli che il calcio è difficile ma non per questo negativo. La paura c’è ed è innegabile ma Vicky il suo compito l’ha portato a termine. Nessuno poteva chiederle qualcosa di diverso. Il calcio in salsa iena le si chiedeva e questo ha fatto.
L’imbarazzo di venire dopo la Ventura, per quanto la Mona ormai andasse ormai un po’ di mestiere e sufficienza all’appuntamento domenicale, è stato esorcizzato con un chiarimento al pubblico: “per chi si fosse perso qualche passaggio Simona è da un’altra parte adesso”. Sarà pure andata un po’ lunga con gli ospiti ma almeno non ha indispettito con quella mania degli ultimi anni della ex conduttrice di guardare più alla scaletta e agli autori che alle persone che la circondavano. C’è un tocco di memoria faziana nella scelta dei personaggi che colorano le tribunette più minimal. Niente gradassoni da Bar Sport ma il frame più essential degli strani nipponici prestati al mondo pallonaro italiano. Non c’è più Takahide Sano ma un altro bizzarro personaggio dagli occhi a mandorla dirime a suo modo le controversie agonistiche del calcio.
Gustosi gli inserti del Trio Medusa che divertono senza strafare, ennesime iene che in Rai si devono mordere di più la lingua se vogliono navigare discretamente sereni. La lumaca che sbeffeggia il fenomeno del polpo che ha tenuto banco durante i mondiali sudafricani con i prodigiosi oracoli, il notiziario che satireggia nella solita scia italiana: le bricconate del Premier, il Pd evanescente e i vari casi delle settimane anomale del Belpaese. Il loro debutto è in linea con le aspettative. La Cabello nelle poche incursioni più tecniche e storiche sul mondo del calcio non ha collezionato strafalcioni. Un po’ di almanacco se l’è dovuto studiare lasciando all’ex collega Pif la tranquillità di stare sugli spalti con la stessa perizia di un porro in un pinzimonio. Prandelli e Trapattoni richiedevano un minimo di contestualizzazione e Vicky per questa volta se l’è cavata.