Si apre con un “misterioso” concorrente la quarta edizione della Fattoria. E’ di spalle, in penombra, ma il mistero non è per niente tale, perché che costui fosse il famigerato Fabrizio Corona era cosa nota a tutti. Dopo un nanosecondo. Eppure Paola Perego, bellissima e ben scosciata per l’occasione, ci ha marciato su, seppur invano, per un po’, muovendosi in uno studio buio, circolare, decisamente talpesco. Menzione speciale per il videowall finto – legno, che cattura lo sguardo e sposta l’attenzione dalle inguardabili sedie che incorniciano parte del pubblico e dal kitschissimo tavolo a led rossi.
La squadra al femminile sembra funzionare: la Perego, lasciato finalmente il melodramma a casa (mai parlare troppo presto, comunque), sceglie uno stile più solare e adatto al contesto; Mara Venier dà prova della sua professionalità e, ancora una volta, riesce a farci rimpiangere le domeniche pomeriggio di alcuni anni fa rivelandosi, proprio per questo, sprecata in un ruolo del genere. Spontanea e raggiante anche Sonia Bruganelli, nonostante il suo debutto da opinionista non lasci per ora nessuna traccia significativa.
Si procede con la divisione dei concorrenti in gruppi. Il primo ad evitare la sorte da contadino e ad entrare nell’ambita casta è proprio Fabrizio Corona. Al re dei paparazzi spetta una presentazione più ampia rispetto alle sbrigative clip dedicate agli altri contadini: e’ mostrato come il bellone redento, l’antipatico che arriva in disparte, il più vip fra i vip, colui che dopo un periodo difficile merita il giusto riposo e tutti i confort propri della residenza della Casta. Di fronte ad un tale quadretto, capita che l’urlante Marina Ripa di Meana ci diventi sempre più simpatica, quando al fotografo che esclama rassicurante – “io sono come voi, al vostro stesso livello“, risponde che proprio non ci tiene ad essere come lui. Ci associamo un pò tutti. Apprezzabile anche la scena strappata ad un live post-pubblicitario, in cui la nobile animalista motiva a Corona la sua partecipazione al reality con un’affermazione tanto lapidaria quanto sincera: “Pecunia non olet”. Ed anche qui, come darle torto?