Studio e grafica più allettanti (tinte più chiare forse in ossequio a coloro che da tempo hanno dimostrato la maggiore capacità di mantenere viva l’attenzione da parte dei colori del salotto concorrente di Vespa) e un parterre di buon livello e più numeroso del solito: questo è il nuovo profilo con cui Matrix, e il suo conduttore Alessio Vinci, si ripresentano al pubblico della seconda serata.
Il tema scelto per aprire il ciclo degli approfondimenti è la questione spinosissima della libertà d’espressione in Italia. Il dibattito è ordinato ed enuclea contrapposizioni adeguate e mai volgarmente gridate. Spesso però il conduttore si trova in difficoltà a gestire gli aspetti più paradossali della querelle e deve persino chiedere all’onorevole Gasparri di evitare di complimentarsi sulla qualità dei servizi perchè scatena un effetto stile cane che si morde la coda.
Vinci deve infatti dividersi tra la condizione di moderatore superpartes e di difensore della propria attività editoriale. Lo scandaglio del pluralismo del paese è dapprima affidato ad alcuni servizi preparati dallo staff del programmma, i cui giornalisti tentano di tracciare un bilancio oggettivo del panorama culturale italiano. Il contraddittorio è affidato alle riflessioni dell’onorevole Gentiloni, e a voci autorevoli come quella dell’ottima penna del Corriere della Sera Beppe Severgnini che rivendicando la neutralità della sua testata prova a palesarsi come se fosse un oracolo di verità imparziale.
C’è spazio persino per mostrare il trailer di Videocracy (Vinci spiega che la rete non lo ha mandato perché sarebbe stato assurdo pubblicizzare un prodotto che ne parlava male) e su questa elargizione esclusiva il conduttore tende ad affermare la propria credibilità giornalistica, dopo i ripetuti attacchi contro la sua presunta serie di pensieri-parole-opere e omissioni.
L’argomentare è emblematico delle anomalie tutte italiane, dei doppiopesismi dell’opinione pubblica, di certi estremismi presenti in entrambi gli schieramenti culturali e di tutti i rimbalzi di accuse che bloccano ormai da anni il nostro Paese in una condizione di stallo legislativo riguardo ai nodi cruciali dei conflitti d’interesse e delle egemonie culturali retrograde che non vogliono a nessun costo cedere il passo.
Tutto naviga nel relativismo e gli stessi interventi, in particolare quello di Roberto Arditti che prova a smentire gli stereotipi dell’oggettività dell’informazione, fanno emergere come in fondo i dibattiti siano destinati sempre a portare ad un nulla di fatto perché le trincee editoriali sono così forti da far perdere autorevolezza a qualsiasi opinione.
La trasmissione ha avuto il merito di far emergere in maniera estremamente chiara ed ordinata i principali nuclei problematici della gestione dell’informazione lasciando al telespettatore più maturo la possibilità di orientarsi tra le prese di posizione, mostrando allo stesso tempo quanto aggressiva sia talvolta la cultura (in quest’ottica la condanna del giornalista Nicoletti al comportamento di Michele Placido in conferenza stampa a Venezia) e quanto forzate alcune ricostruzioni giornalistiche (di qui le lamentele di Gentiloni all’arringa difensiva all’editore fatta dal curatore di Matrix e vicedirettore di Videonews, Alessandro Banfi).
Ben vengano però altre contrapposizioni così centrate sul merito e sui contenuti.
1. Mari 611 ha scritto:
22 settembre 2009 alle 12:33