Non è che serva proprio l’aiuto dell’Altissimo per fare un buon prodotto televisivo. Bastano degli autori bravi che abbiano voglia di fare quello per cui sono pagati. Scrivere. E degli attori preparati capaci anche loro di fare quello per cui sono pagati. Recitare. E così quella che all’apparenza potrebbe sembrare una fiction banale si trasforma in un prodotto leggero e divertente, che lo spettatore segue senza pensare che gli sceneggiatori siano cresciuti a televisione e Topazio e che gli attori abbiano studiato recitazione sul Bignami. Parliamo di Che Dio ci Aiuti 2, in onda il giovedi sera su Rai1.
Rai1. Ve lo ripetiamo perchè dovete avere ben presente che siete sintonizzati sul tasto numero 1 del telecomando e che state guardando le storie di una suora, dall’approccio decisamente più solare rispetto a quello della religiosa interpretata da Jessica Lange in American Horror Story-Asylum e sicuramente più sobrio, sebbene non bigotto, rispetto alla monaca di Monza. Se invece vi approcciate alla visione di Che Dio ci Aiuti, aspettandovi la versione di Lost ambientata in un convento, allora, ve lo diciamo subito, resterete delusi. La novità della fiction, la prima che salta subito agli occhi anche dello spettatore più distratto, è che il protagonista non è Beppe Fiorello. E nemmeno Terence Hill, sebbene il paragone tra Suor Angela e Don Matteo arrivi puntuale come l’”amen” dopo che il prete dice ”andate in pace”. Diciamo però che guardando le storie di Suor Angela, non proverete quel senso di “afflizione”, che le atmosfere e le storie di Don Matteo provocano, soprattutto nel pubblico più giovane.
Nella stagione di quest’anno, dicendola all’americana, siamo passati da un taglio poliziesco a uno procedurale. Italianizzando, dal poliziotto all’avvocato. Nello specifico da Massimo Poggio a Lino Guanciale, che si sono passati il testimone di abitante maschile del convento e di protagonista della storia d’amore potenziale e latente. Le puntate sono strutturate seguendo sempre lo stesso schema. Introduzione del piccolo Davide, che fa da voce narrante in apertura, “fattaccio” che costituisce il fulcro della puntata e a cui Suor Angela si trova in qualche modo connessa, come Jessica Fletcher lo è sempre a un omicidio, effetti collaterali del fattaccio sugli abitanti del convento, panoramica sull’andamento delle loro vite e… lieto fine. Siamo su Rai1 e per di più in un convento, ricordatevelo. Dalle parole redenzione e “happy end” non si può prescindere.
Sicuramente, le storie raccontate non verrebbero premiate con l’Oscar alla migliore sceneggiatura originale. D’altronde i problemi comuni son sempre gli stessi e sono già tanti. Non c’è necessità di inventarsene altri, provocando paranoie nello spettatore! Perdoniamo anche qualche falsa illusione, come quella creata nella terza puntata in cui Azzurra, interpretata dalla brava Francesca Chillemi, riceve una multa di 550 euro… la stessa cifra con cui potrebbe comprare due paia di Manolo Blahnik in saldo. Beh, questo no. Magari.
Oltre a Lino Guanciale, che abbiamo già nominato e di cui, in una botta di superficialità, vogliamo sottolineare la dotazione di una buona quantità di fascino, nel cast compaiono una serie di attrici giovani che “svecchiano” l’atmosfera della fiction (e il suddetto riferimento alle Manolo ne è un esempio). Non che questo significhi che Elena Sofia Ricci e Valeria Fabrizi siano vecchie, ma diciamo che, per questioni di curriculum, rientrano nella categoria “veterane”.
Il cast giovane permette poi di costruire dialoghi veloci e simpatici, in cui utilizzare una terminologia più moderna che supera la soglia della misericordia e dell’amore per il prossimo, concetti che si percepiscono ma restano nell’ambito del sottinteso e dello scontato, e che non dà l’idea che ogni battuta sia un sermone e un’esplosione di tutte le buone parole del mondo. Una cosa sola, ma il mammoccetto con che diavolo di accento parla? Oh no, abbiamo detto diavolo. Che Dio ci aiuti!
1. Marco89 ha scritto:
1 marzo 2013 alle 15:08