“Lo trovo un momento molto televisivo, non ho mai fatto tanta tv in questi anni“. In effetti Mietta, al secolo Daniela Miglietta, è da alcuni mesi una presenza fissa della prima serata della rete ammiraglia della tv di Stato: con Tale e Quale Show prima e I Migliori Anni poi, la cantante tarantina si è riaffacciata sul piccolo schermo, dove è tornata a far apprezzare la sua voce. “Mi sono sempre tenuta alla larga e sono sempre stata restia. Ma Tale e Quale è un programma intelligente”. Quindi, chi ti ha convinta?
Ho accettato di prendere parte al programma facendomi convincere da un grande personaggio come Carlo (Conti, ndDM). All’inizio non ci credevo perchè non pensavo che si potessero fare grandi cose attraverso le imitazioni. E invece ci ha visto lungo lui e mi ha portato bene.
La tv, però, nella tua carriera è stata una costante…
Mi sarebbe sempre piaciuto fare della televisione intelligente. Fare buona tv credo faccia bene a tutto il sistema che gira intorno. Music Farm, per esempio, era stata pensata molto bene, ma all’atto pratico non è venuta così come l’abbiamo pensata.
Vedi la televisione come qualcosa di complementare alla carriera oppure è semplicemente una seconda scelta?
Una seconda scelta no, perchè ho ancora la fortuna di poter decidere. Avrei potuto continuare a fare i miei concerti o curare i miei progetti come quello che sta per vedere la luce con Dado Moroni, jazzista meraviglioso, Enzo Zirilli e Furio Di Castri. Però, insieme alle cose un po’ più alte, servono anche quelle nazional-popolari ma intelligenti. Tale e Quale, ad esempio, mi ha dato una possibilità importante: riposizionare la mia vocalità. Ne I Migliori Anni, invece, mi entusiasmava anche il cast, composto da persone di grande rispetto che hanno voglia di raccontarsi. Per me la musica non è solo jazz, pop, funky ma è tutto un insieme. L’importante è che sia interessante per la mia voce. Sono una ‘mischiona’ di generi.
Per la musica italiana, i talent hanno avuto un ruolo determinante per il rilancio o per l’impoverimento?
Io non sono contro i talent. Tanto chi è capace di rimanere a galla, ci rimane. Certo, ti offrono la possibilità di arrivare più facilmente ma questo accade in America e in tutto il mondo da tempo immemore; da noi sono arrivati un po’ più tardi. Credo sia importante, però, che non si faccia un uso commerciale eccessivo, ’sgarbato’. Altrimenti ci si fa male. Ma se prendi una vocalità come quella di Mengoni o Noemi, che può piacere o non piacere, è sicuramente un contributo.
Tu ti sei mai fatta male?
Tante volte, ma tante volte mi sono rialzata.
Se potessi cancellare un episodio della tua carriera, quale butteresti via?
Aver accettato nel 93 di fare ‘Figli di Chi’ insieme ai Ragazzi di Via Meda semplicemente perchè la mia casa discografica non sapeva come collocarli. Tutti autori bravi, tra l’altro, ma non aveva senso per me; non avevo neanche un disco in uscita. Ecco, li c’è stata commercializzazione. Una grande cavolata.
Prima hai citato due cantanti provenienti da XFactor: Noemi e Marco Mengoni. C’è snobismo nei confronti dei concorrenti di Amici?
Non lo so. Ad essere sincera io guardo entrambi e ho una grande ammirazione per la signora Maria De Filippi perchè ha due palle quadrate quanto tre miliardi di case prese insieme. Chi è capace di arrivare ad un successo così grande, una genialità ce l’ha. Ha cambiato un sistema televisivo. E quindi chapeau.
Avresti voluto fare qualcosa di simile con Star Academy?
Si. Era quella la mia volontà, come quella dei miei colleghi e degli autori. Ci sono stati degli errori che non spetta a me decifrare ma la televisione bisogna saperla fare. Solo così può tornarti indietro qualcosa.
Ora ci sono i talent, ma una ragazza tarantina come faceva a farsi notare?
Io ho iniziato con uno sceneggiato radiofonico indetto da Radio Corriere e Fonit Cetra. Su mille candidate e altrettante raccomandate, scelsero me.
Sei tarantina e hai vissuto nel tristemente famoso quartiere Tamburi, quello a ridosso dell’Ilva…
C’ho vissuto dieci anni perchè mio padre era funzionario dell’Ilva e, poichè stavamo costruendo una casa nella zona residenziale di Statte, nel frattempo per il lavoro scelse questa casa. Una casa molto molto molto ma molto vicina all’Ilva. C’erano della case talmente vicine che inventarono questa cavolata delle collinette artificiali (esistono tuttora, ndDM) che separano le abitazioni dallo stabilimento. Purtroppo sfondi un grande dolore… non riesco a pensare che l’Ilva possa ancora nuocere così come ha fatto in questi anni. E’ necessario che lo Stato prenda in mano la situazione per tutelare le tante persone che lavorano e non consentire che si vada in ospedale e vedere tutti quei bambini e quelle persone che si sono ammalati. Tante persone della mia famiglia se ne sono andate per questo motivo.
Non sapevo…
Purtroppo si. Cugini e parenti strettissimi. Ho perso mia cugina Roberta, che era come una sorella ed è stata portata via da questo male; e allo stesso modo ho perso i miei nonni. Non ho un bel rapporto con questo terribile problema.
Hai mai pensato ad una canzone con uno scopo sociale?
Io mi sono proprio mossa con delle manifestazioni. E’ importante esserci. Sono desiderosa che questa piaga straziante venga messa ko. In una situazione così grave i messaggi musicali arrivano sino a un certo punto. E bisogna pure ricordare che è vero che il Signor Riva ha danneggiato tanto, ma è altrettanto vero che sono cinquant’anni che esiste l’ILVA. Se ne sono accorti soltanto adesso?
Non vorrei mettere il dito nella piaga, ma dai Tamburi ti sei poi trasferita a Statte, devastata recentemente da un tornado…
No, io a Statte non mi sono mai trasferita. I miei divorziarono e mio padre andò a vivere a Statte, mentre io rimasi a vivere con mia madre sino a 17 anni e mezzo, quando ho lasciato Taranto prima per Roma e poi per Milano.
E adesso sei in Emilia?
No, da tre anni e mezzo sono tornata a Milano col mio compagno e il mio bambino. Ma torno spessissimo a Taranto, è una città che adoro. E sono follemente arrabbiata per la città. Poteva vivere di turismo.
Ah… Sanremo?
Io quest’anno ci ho provato. Avevo un brano bellissimo. Ma non sono una che si piange addosso…
Pensi che il palco dell’Ariston sia ancora un buon trampolino per i progetti discografici?
Lo è se hai una bella canzone, altrimenti ti freghi. In questo il Festival non è cambiato, pur essendo cambiato tutto il resto.
1. MisterGrr ha scritto:
31 gennaio 2013 alle 18:13