Guardi The Winner is… e ti domandi: ma che cosa sarebbe precisamente? Loro lo definiscono un “talent game”, ma a dir la verità non sembra nè l’uno nè tantomeno l’altro. Sì, ci sono parecchi soldi in ballo, c’è un deal (manco così tensivo) tra Gerry Scotti in tandem con Rudy Zerbi – che presiede la giuria ma di fatto vale quanto gli altri 100 giurati (piazzati come a 1 contro 100) pescati tra gli appassionati di musica – e i due sfidanti; e poi ci sono le esibizioni canore, alla base dei vari duelli.
Che a Maria De Filippi piacciano i minestroni non ci sono dubbi, e le va dato atto che alcuni piatti da lei sfornati sono delle vere prelibatezze. Non sempre però le ciambelle escono con il buco, e questo – dispiace dirlo – è proprio il caso di The Winner is, di cui appare chiaro sin da subito che nell’adattamento italiano hanno cercato di pescare un po’ ovunque senza dargli però una precisa identità. E così ti ritrovi tra le storie strappalacrime di C’è Posta per Te – per la cronaca Gerry si è commosso già alla prima scheda – e i commenti in esterna di amici e parenti (collegati da improbabili casette di zanfoliniana memoria), tipici invece di Italia’s Got Talent.
Nulla in contrario per carità, se non fosse che rispetto all’emotainment di Canale5 manca non solo il linguaggio magnetico della De Filippi, l’unica conduttrice italiana in grado di cucinarti a puntino i casi umani, ma anche il pathos tipico della busta, tutt’altro che tramutata nel deal – i cui esiti, visti gli abbinamenti squilibrati, risultano incredibilmente scontati. Il fatto curioso poi è che la produzione (firmata Fascino con Toro) vede la firma degli stessi che hanno portato Got Talent nel Belpaese (ovvero Fascino con Fremantle), di cui tutti hanno incensato quel montaggio che, ironia della sorte, affligge proprio The Winner is, che invece non ha ritmo, risultando estremamente lento e noioso.
La verità è che il successo di un format non lo si ottiene con una semplice sommatoria di alcune delle caratteristiche di successo di altri format. Ed infatti il risultato è un minestrone bollito troppo, di cui avremmo fatto volentieri a meno. Peccato.
1. Marcovaldos ha scritto:
18 novembre 2012 alle 00:11