Sta andando in onda in queste settimane l’ottava edizione di Cortesie per gli Ospiti, uno dei programmi di maggior successo realizzati da Real Time e quello con maggiori richieste di partecipazione. Novità di quest’anno è Riccardo Vannetti (no, non è Diego Passoni!!!) che ha sostituito Roberto Ruspoli come esperto di buone maniere, contribuendo al mood più buonista su cui il programma si è assestato dopo le prime stagioni in cui, paragonata ai giudici, Crudelia De Mon era una dog sitter.
Durante la prima stagione, quando i giudici, probabilmente troppo influenzati dalle atmosfere inquietanti del libro di Ian McEwan (Cortesie per gli Ospiti, appunto), cui il format si ispira, salutavano con il claim “Un saluto cortese da Cortesie per gli Ospiti”, il telespettatore temeva che sotto il tavolo conservassero la mano del concorrente che aveva sbagliato a tagliare la cipolla o la lingua dell’altro che aveva detto “piacere” incontrando una persona per la prima volta. Potremmo considerare Cortesie per gli Ospiti il format che fa pagare l’IMU all’egocentrismo che risiede in ognuno di noi e che possiamo facilmente calcolare in base all’intensità del desiderio di partecipare al programma.
Siete assolutamente egocentrici se venite presi dall’incontrollabile impulso a candidarvi come “padrone di casa” per mettere in mostra la vostra abilità culinaria, la casetta che avete arredato con tanta cura e la vostra capacità di ricevere ospiti, per poi scoprire, con ogni probabilità, che cucinate come se Antonella Clerici e Benedetta Parodi non fossero mai esistite, che casa vostra sta all’architettura di interni come Lapo Elkann al congiuntivo e che quando avete gente a cena venite accolti ad honorem nella razza ovina. Da un paio di caproni con il vestito della festa. Per chi non avesse mai visto il format, vi riassumiamo cosa succede. Due padroni di casa, ognuno con un aiutante, si sfidano preparando una cena a cui sono invitati a partecipare i tre giudici, Alessandro Borghese per la cucina, Chiara Tonelli per l’interior design, Riccardo Vannetti per le buone maniere oltre agli altri due contendenti.
Durante la cena, in un angolo, una telecamera davanti la quale vengono anticipati i momenti solitamente (e a fatica!) rimandati a fine serata. Quelli della critica e del pettegolezzo. Insomma, cucina, bon ton, arredamento, pettegolezzo e gara. Il giusto mix per un programma piacevole e divertente. E che addirittura, a tratti, dà una botta di vita alla nostra autostima. Perché, d’accordo che abbiamo dei limiti, ma noi la panna nella pasta con le zucchine non la metteremmo mai, la tovaglietta americana sulla tovaglia nemmeno e probabilmente non rovineremmo mai un pavimento dell’Ottocento con inserti di linoleum. Anche se, su quest’ultimo punto, essendo sprovvisti di pavimento antico a casa, non possiamo essere poi così certi.
Naturalmente, ci sono le eccezioni. Ci sono quelli che non si sono mai persi una puntata de La Prova del Cuoco, sono abbonati ad Architectural Digest e sono un tutt’uno con il Galateo. Per loro i complimenti dei giudici. Anche se… la padrona di casa un trattamento alla cheratina poteva pure farselo invece di accogliere gli ospiti con i capelli crespi. In televisione, per giunta! È lì che dove non arrivano i giudici, arriva il telespettatore… che è poco cortese, per definizione!
1. gianni ha scritto:
9 novembre 2012 alle 07:26