[Intervista del 18 agosto 2012] Se Lino Banfi è nel cuore degli italiani da più di cinquant’anni un motivo ci sarà. Nella sua carriera, il popolare attore ha abbracciato il pubblico di tre generazioni, diventando il caposcuola di una comicità autentica e travolgente. Dalla Commedia all’italiana alle fiction, passando per l’intrattenimento televisivo, il grande Lino ha sempre portato in scena il sorriso ma ha anche saputo mostrare la propria sensibilità alle buone cause: dal 2000 è infatti ambasciatore dell’Unicef. Per questo è molto amato. Nella prossima stagione tv lo ritroveremo nel cast di Un Medico in Famiglia 8, dove “a furor di popolo” tornerà ad interpretare Nonno Libero. Quello su Rai1 sarà dunque un appuntamento doppiamente atteso, visto che – come racconta a DM – in un primo momento Banfi aveva deciso di abbandonare definitivamente le avventure di Casa Martini…
Cosa l’ha convinta a tornare?
Per due edizioni non ci sono stato, perché avevo già preso degli impegni con la mia casa di produzione. Poi è successo che l’ultima serie di Un Medico in Famiglia non è andata benissimo, i dirigenti televisivi si sono preoccupati e hanno sperato che qualcuno mi convincesse a tornare. Così a furor di popolo, su richiesta di tanta gente comune ma anche di personalità politiche e del clero, ho accettato di rifare Nonno Libero in questa serie. Quando decisi, però, le riprese erano già iniziate e dunque comparirò solo nelle prime sei-sette puntate. Sarà una bella edizione, sono tornato volentieri a rivedere i miei amici e colleghi.
Nella sua carriera ha interpretato molti ruoli, non ultimi quelli del Commissario Zagaria e dello stesso Nonno Libero. Come convivono tra loro personaggi così diversi?
Ormai si sono fusi. Le cose buone che non compiono i politici diciamo che le fanno loro, e in questo senso sono molto coesi. Però alcuni personaggi hanno anche avuto una convivenza difficile: all’inizio Zagaria e Banfi (cioè me stesso) un po’ si odiavano, ma per fortuna è arrivato Nonno Libero che ha cercato di metterli d’accordo… Così si è formato un bel trittico.
Ma è vero che anche Papa Benedetto XVI, quando vi siete incontrati, l’ha riconosciuta come il “nonno d’Italia”?
Sì, subito. Mi abbracciò esclamando: “il nonno d’Italia”! Mi fece capire chiaramente che aveva visto la serie già quand’era Cardinale e questo mi gratificò.
Lei è una persona molto religiosa?
Ho sempre avuto la fede. Da ragazzo ho fatto cinque anni di seminario quindi ho una bella base religiosa, senza eccessi però. A volte scopro delle storie assurde, di gente che sente il profumo dei santi… Io non sento nessun profumo, però amo Padre Pio e quando posso scappo a San Giovanni Rotondo a salutare i miei amici frati che vivono lì.
Il saio lo ha indossato in televisione, interpretando Padre Raniero nella fiction Un posto tranquillo…
Sì, quella serie non vedevo l’ora di farla. Ho spesso interpretato il prete, ma il frate è un personaggio più vicino a me, al mio fisico. Poi è terra terra, non per forza plurilaureato come potrebbe essere un Cardinale. I frati sono laureati dalla vita, ecco perché ho sempre voluto sperimentare quel ruolo.
Oggi la fiction religiosa è diventato un genere molto diffuso e forse anche un po’ inflazionato, non crede?
Certo, adesso ne fanno tante per cui bisogna andare sempre alla ricerca di qualche personaggio nuovo. A proposito, visto che ho sempre interpretato i ruoli dei buoni, ora dico scherzosamente che sarebbe ora che mi facessero fare il cattivo. Ma un cattivo che è costretto a diventare tale magari a causa di un torto subìto, non un cattivo per indole.
Parliamo di comicità. Come giudica gli umoristi dell’attuale panorama televisivo?
Ci sono talenti veramente forti, ma c’è anche la convinzione sbagliata che per avere successo basti fare un monologo di dieci minuti pieno di risate da parte del pubblico. Non è così: la conduzione di trasmissioni televisive ed i film durano delle ore, ed è lì che si misurano le capacità dei giovani. I comici esordienti non si devono basare solo sul testo, perché il semplice monologo è una cosa mentre la scenetta è un’altra. E poi non devono pensare di poter fare subito i protagonisti: sarebbe un errore. Poi, ogni tanto, noto che escono alcuni bei talenti…
Ad esempio?
Quella di Checco Zalone è una bella realtà, che mi fa doppiamente piacere perché lui è un mio corregionale. Lo trovo un genio: fa fare soldi ai produttori e incassa lui. Il suo cinema è genuino, vero, senza finzione.
Quindi Checco Zalone potrebbe idealmente raccogliere da lei il testimone della comicità?
No, perché i generi sono sempre diversi. Molti mi dicono: “tu hai aperto la scuola dei comici pugliesi”. Ma in Puglia gli attori ci sono sempre stati, solo che non hanno avuto una tradizione drammaturgica come l’hanno avuta i campani, i romani o i siciliani. Io ho iniziato a parlare questo linguaggio un po’ curioso, ma in verità se non sei un bravo attore puoi parlare qualsiasi dialetto senza riuscire a far ridere.
Non le piacerebbe tornare a fare un film nello stile della commedia sexy all’italiana?
Magari! Se ne facessero uno tornerei con tutto il cuore. Ci sono attrici ancora bellissime, anche se non hanno più vent’anni come allora, e se ci fossero le storie giuste si potrebbe pensare di riproporre qualche binomio con loro. Ovviamente bisognerebbe adattare le cose alla mentalità di oggi: il personaggio che guarda dal buco della serratura o che spia una bella donna mentre fa la doccia non basta più. Di docce ne facciamo già tutti i giorni (ride, ndDM).
Qualche benpensante arrivò a definire volgari quei suoi film…
Quello che ho fatto nella mia vita, al cinema o in tv, non è mai stato accompagnato dalla volgarità. Il massimo delle parolacce che ho detto è stato “porca puttèna” o “sono arrapèto”. Qualcuno dice addirittura che ho fatto scuola, e mi è stato riferito che hanno messo nell’Enciclopedia Treccani alcuni termini del mio linguaggio ‘banfiota’. Questo vuol dire che qualcosa lascerò.
Nella tv di oggi trova che ci sia molta volgarità?
Sì alcuni esagerano, sono un po’ esasperati quando invece non ce n’è bisogno. In un monologo di dieci minuti ci possono essere tre risate in meno ma anche tre parolacce in meno.
A questo punto della sua carriera non le piacerebbe fare un’esperienza come regista?
Più che altro mi piacerebbe fare un film con un regista giovane. Ce ne sono tanti bravi, ma magari pensano che noi attori della vecchia guardia non accetteremmo di girare con loro. Invece a me piacerebbe sperimentare, perché con due generazioni così opposte accontenteresti anche il pubblico di mezzo, quindi la cosa potrebbe uscire bene. In effetti molti mi chiedono di provare a fare il regista, e può darsi che prima di andare in pensione qualche ‘fesseria’ in tal senso io la faccia. Intendo continuare almeno per altri cinque o sei anni, poi si vedrà.
Lino Banfi e Nonno Libero hanno sempre portato con loro una risata e una parola di speranza. Cosa si sente di dire ai tanti italiani che in questo momento sono scoraggiati dalla crisi?
Ogni tanto mi affaccio in tv come ambasciatore dell’Unicef e vedo che la gente crede alla sincerità dei miei appelli. Quindi se mi crede dico: è un momento di crisi passeggero, tanti anni fa abbiamo attraversato difficoltà ben peggiori e sicuramente supereremo anche queste. Credo che sia solo una questione di qualche anno ma poi torneremo sempre alla grande, da buoni italiani.
1. warhol_84 ha scritto:
18 agosto 2012 alle 14:55