23
giugno

INTERVISTA A SILVIA CALANDRELLI: “ITALIA IN 4D FORNISCE DEGLI STRUMENTI PER CAPIRE IL PRESENTE. L’ANIMA COMMERCIALE DELLA RAI NON VA SEPARATA DA QUELLA DI SERVIZIO PUBBLICO”

Silvia Calandrelli

Silvia Calandrelli è orgogliosa. La direttrice di Rai Educational non può nascondere la soddisfazione per Italia in 4d, fiore all’occhiello del palinsesto di Rai Storia in onda dal martedi al venerdi alle 23. Proprio il programma che racconta il nostro Paese, attraverso quattro decenni del Novecento, dà il la alla nostra intervista. 

Soddisfatta di Italia in 4d?

Molto. Trovo che il programma fornisca degli strumenti utili per interpretare e capire il presente. In particolare è estremamente interessante andare a cogliere i parallelismi tra passato e presente. Ad esempio, abbiamo parlato dell’austerity e di governi tecnici, due tematiche oggi nuovamente attuali. 

Perché quel titolo?

“4d” perché si attraversano i quattro decenni che vanno dagli anni ‘50 agli anni ‘80 ma anche per le quattro dimensioni. Raccontiamo, infatti, la storia d’Italia attraverso materiale delle nostre teche, materiali ad hoc e un’introduzione fatta da un grande giornalista come Maurizio Costanzo che si confronta, sul tema della puntata, con un giovane nativo digitale.

Tra i temi affrontati questa settimana a Italia in 4d, oltre agli anni ’80 e ai cosiddetti “decisionisti”, c’è la televisione. In particolare mercoledi sera ci si chiederà: “Qual è l’impatto della televisione nella vita quotidiana delle famiglie italiane?”. Giro a lei la domanda.

Sicuramente molto cambiato rispetto al passato. Mentre prima la televisione era un punto d’aggregazione del nucleo familiare, oggi solo il pubblico adulto rimane attaccato alla tv mentre i ragazzi ne fruiscono soprattutto attraverso la rete. Su internet, infatti, possono condividere e commentare.

Da sempre il rapporto tra cultura e tv infiamma i dibattiti. Lei che idea s’è fatta del ruolo della televisione nella formazione culturale?

La tv ha un ruolo di mediazione formativa. La formazione formale spetta alla scuola mentre la cosiddetta formazione informale spetta alla televisione. Gli adulti hanno la responsabilità di raccontare il Paese ai ragazzi, cosa che noi vogliamo fare. Un programma tv non si sostituisce alla scuola ma può essere utile ad allievi ed insegnanti. Nello specifico ritengo che il lavoro di Rai Educational assuma importanza se rivolto alle nuove generazioni, tant’è vero che puntiamo molto sulla cross medialità, cioè sull’utilizzo di rete e applicazioni mobile.

C’è chi ha proposto, per la governance della Rai, di separare i canali d’intrattenimento, come Raiuno e Raidue, da quelli di cultura, come Rai Storia, che sono prettamente di servizio pubblico. Lei è d’accordo?

Non credo vadano separate le due anime della Rai. L’intrattenimento può essere servizio pubblico così come la cultura deve permeare tutti i palinsesti. Il servizio pubblico è un concetto ma anche un modo di lavorare in cui possono rientrare tutti i generi.

Lei ha quasi rivoluzionato Tv Talk.

Tv Talk, prima del mio arrivo, era già un programma eccellente. Io l’ho sostenuto e continuerò a sostenerlo perchè è un programma nel quale credo moltissimo. E’ l’unico osservatorio italiano di approfondimento sul mondo dei media. Sicuramente può crescere e sviluppare anche altri filoni. Mi interessa molto, ad esempio, lavorare sull’alfabetizzazione informativa che mira ad ottenere un utilizzo consapevole della rete da parte dei ragazzi. Le nuove generazioni devono saper distinguere le varie fonti online.

Che bilancio fa dei suoi primi 11 mesi di direzione?

Sono molto soddisfatta perchè abbiamo fatto tante cose. A cominciare dallo sviluppo di Rai Scuola, che è andata sul digitale, passando per il varo di programmi come Italia in 4d e Lezioni dalla crisi con Giuliano Amato. Sono contenta di aver trovato persone valide con cui abbiamo altresì ampliato tutta la parte cross mediale dei nostri contenuti. Vorrei che i media facessero anche uno sforzo a raccontare questa realtà della Rai che funziona.

Ha raccolto un’eredità pesante, quella di Giovanni Minoli.

Sì, Minoli è una delle persone da cui tutti noi che facciamo televisione possiamo imparare. Ho raccolto la sua eredità con estrema onestà intellettuale. Più in generale devo dire che nel mio percorso qui in Rai ho sempre trovato persone di grande competenza che mi hanno insegnato tanto.

Secondo Lei la Rai potrebbe sfruttare di più i contenuti documentaristici scientifici sul digitale?

Se Lei mi chiede se quest’offerta tematica è in grado di fornire un canale, la risposta è “sì”. Però c’è un problema di depauperamento. Canali come Rai3 fanno già tanto in questo senso e, inoltre, ci  sono programmi che devono stare sulla generalista perchè raccolgono ancora un pubblico di famiglie. L’esempio lampante è quello di Piero e Alberto Angela. 

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1 Commento dei lettori »

1. Giuseppe ha scritto:

23 giugno 2012 alle 15:26

Condivido pienamente il concetto di servizio pubblico espresso in questa bella intervista. Aggiungerei che a dirigere la Rai, a tutti i livelli, dovrebbero essere sempre posti professionisti competenti del settore, come Silvia Calandrelli.



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