Non possono che traboccare di ottimismo i primi discorsi di Beppe Grillo, dopo i trionfi quasi miracolosi dei candidati del Movimento Cinque Stelle alle ultime elezioni amministrative, negli stessi giorni in cui il consenso del nuovo partito è stimato già a due cifre a livello nazionale. Nel post Parma il comico però ingaggia un agone virtuale non solo con Napolitano e Bersani ma anche con il mondo dell’informazione e del talk show. Non risparmia proprio nessuno, come si evince dalla vignetta a corredo del suo scritto: da Formigli a Ferrara, dalla Annunziata a Lerner non c’è margine di tregua.
L’invettiva contro lo stile dell’approfondimento politico sul piccolo schermo non si piega a equilibrismi diplomatici e diventa occasione per ribadire le proposte che Grillo and company vorrebbero avanzare al Parlamento, qualora riuscissero veramente a sedersi tra i banchi di Montecitorio e Palazzo Madama alla prossima tornata elettorale, per riordinare il sistema radiotelevisivo. Può bastare l’incipit dell’ultimo post grillino per comprendere la cifra della sferzata cinque stelle ai giornalisti conduttori di dibattiti:
È sempre più estraniante guardare cicciobombi e labbra turgide, megafoni dei partiti nelle televisioni nazionali, nei telegiornali, nei talk show. Provocano un senso di piccole cose di pessimo gusto, richiamano il profumo di fiori marci, l’odore pungente dei cespugli di bosso lungo i vialetti dei cimiteri. Le sagome che si agitano dietro lo schermo con l’estrema vitalità che talvolta precede le ultime ore di vita rammentano il dodo, l’uccello estinto, o gli ultimi giapponesi che combattevano a guerra finita in qualche atollo del Pacifico dopo il 1945.
Ecco però nei dettagli una bozza della proposta di riforma che il nuovo gruppo politico vorrebbe portare avanti nel prossimo futuro. Sostanziali cambiamenti e non semplici aggiustamenti quelli che emergono: un principio perentorio potrebbe essere quello che preveda che nessun canale televisivo con copertura nazionale possa essere posseduto a maggioranza da alcun soggetto privato. In sostanza l’azionariato deve essere diffuso con proprietà massima del 10%.
Secondariamente si prevederebbe un’assegnazione delle frequenze televisive con un’asta pubblica ogni cinque anni e una ridefinizione del concetto di servizio pubblico. Un’unica rete senza pubblicità, indipendente dai partiti e con un taglio essenzialmente culturale e informativo. Per altri due canali del servizio pubblico l’ipotesi è nuovamente quella dell’azionariato diffuso con il tetto massimo alla proprietà fissato al 10%.
Per la sua cura ricostituente del sistema dell’informazione e della rappresentanza non fa distinzione tra destra e sinistra: tra i punti programmatici infatti c’è l’azzeramento della legge Gasparri, così come l’abolizione della legge del governo D’Alema che richiede un contributo dell’uno per cento sui ricavi agli assegnatari di frequenze televisive.
1. Nina ha scritto:
23 maggio 2012 alle 17:16