Quando porti la piazza in tv puoi star certo che questa funzionerà in una sua qualsiasi forma e declinazione. E non potrebbe essere altrimenti per Libertà di parola, il nuovo people show di Canale Italia condotto da Fabrizio Corona. L’esperimento ha fatto centro per un semplice motivo: la particolare situazione economica che il cittadino è ‘costretto’ a subire e a cui deve porre rimedio. Le persone, soprattutto ora, sentono il bisogno naturale di parlare e sfogarsi, di capire e di analizzare le conseguenze di una politica poco amata ma alla quale sono comunque obbligate ad appellarsi.
Il ritorno al talk sociale – A Canale Italia hanno fatto la scoperta dell’acqua calda riportando in auge un formato vecchio come il cucù inspiegabilmente soppresso negli ultimi anni, anche da chi ne è stato precursore. La “pancia” del Paese ha poi trovato nel web la valvola di sfogo, consumando caratteri tra blog e social network, una “piazza” tutt’oggi ancora poco capita e considerata. Ecco, Libertà di Parola nasce proprio dalle ceneri dei programmi di Funari e Santoro (dei bei tempi che furono) e tenta di riportare sul piccolo schermo il pubblico confinato sulla rete: dal talk politico al talk sociale e popolare.
Oltre l’Arena ma… – Libertà di Parola ha una struttura semplicissima: 100 persone di sesso e ceto sociale differente sono chiamate a confrontarsi sul tema della serata, cercando di intavolare una discussione il più possibile costruttiva, che possa aiutare anche i meno ferrati a farsi un’idea o a cambiare idea. Durante la discussione, i protagonisti hanno l’opportunità di schierarsi verso una delle due soluzioni proposte: un’idea di sicuro impatto scenografico ma che fondamentalmente non aggiunge nulla a livello dialettico, utile più che altro ad evitare l’effetto dispersione, dirottando – e in qualche modo banalizzando – le opinioni riducendole al solito “pro e contro” di berlusconiana memoria. Populismo allo stato puro, verrebbe da dire: d’altronde è la naturale conseguenza della totale assenza di una figura autorevole ed esperta (presente invece a L’Arena di Giletti), a supporto di una discussione che rischia quindi di parlare solo a sè stessa senza sfociare in un’idea comune e condivisa.
Corona il tuttologo che non convince – Corona è alla sua prima conduzione televisiva e i limiti si notano tutti, nonostante in tutta sincerità vi sia ben di peggio sulla piazza. Fabrizio fa il capopopolo ma non ha nè l’esperienza nè la conoscenza necessaria per ricoprire tale ruolo. Per carità, c’è tempo per imparare ma forse sarebbe stato più consono – almeno in un primo momento – limitarlo alla semplice figura di arbitro, dove non riesce affatto ad eccellere facendosi il più delle volte schiacciare da quella carica incontrollabile dei 100. Un problema che si è cercato di risolvere con l’introduzione del “comitato” di guardiniana memoria, che ha il solo scopo di guidare il conduttore e portare una discussione sui giusti binari.
Il futuro del talk show – Aldilà dei difetti, Libertà di parola ha avuto il grande merito di gettare le basi per il futuro del genere talk show, ultimamente in affanno, riportando al centro il motore del Paese, troppo spesso confinato tra gli spalti ad applaudire le fazioni. Non c’è macchina che funzioni senza una persona che sappia guidarla come d’altro canto non ha senso di esistere un’autista senza macchina: non c’è dubbio che il genere necessiti di un rinnovamento, e la combinazione di popolo e politica è un’ipotesi che a questo punto non si può non considerare.
1. Mattia Bravi ha scritto:
3 aprile 2012 alle 11:57