Gioca molto sull’ipocondria del ragazzo di provincia miracolato, del letterato involontario che scrive e legge tanto. I capelli che cadono, la saliva azzerata e il girovagare nervoso, il rapporto complesso con lo specchio, il timore reverenziale verso la rete radical chic del servizio pubblico. Volo in diretta cerca di mettere le mani avanti: non manca a Fabio Volo la capacità di fare il paravento.
Cosa abbiamo visto in questa primissima uscita semiseria di Volo? Difficile dirlo. C’è l’orchestra ma manca il confidenziale divano rosso: rispetto al programma di Serena Dandini, rispetto al quale si pone più o meno come erede, le atmosfere sono leggermente più metropolitane, più da cafè newyorkese. E non solo per lo sfondo con i grattacieli da Grande Mela. L’effetto, complice l’ansia da prima, è quello di un aperitivo che ti mette solo più appetito.
Si fa un po’ poesia con la Merini e Guerra, si riesce a strappare un’intervista ironica al maestro Battiato: l’idea è di portare in televisione quel profilo da ragazzo con la barbetta incolta che sa citare Baudelaire e sa scegliere una bottiglia di vino o cucinare un soufflè, quei piccoli dettagli che fanno impazzire le donne, e più in generale un pubblico magari alla ricerca di normalità.
Volo porta con sé i suoi amuleti, legge i cinguettii più malvagi chiedendo conferme continue al direttore di rete sulla sua adeguatezza, praticamente dando ragione a chi già durante la puntata lo accusa di essere troppo autoreferenziale, di ridurre sempre il discorso alla realtà vista dal suo filtro, una sorta di Peter Pan con il sogno della filosofia.
Se l’obiettivo è dare ritmo ad un canale che per vocazione tende a prendersi sempre molto sul serio in prospettiva può essere un esperimento gradevole. Senza troppe pretese. Forse l’approccio migliore è buttare un occhio senza pregiudizi iniziali sbocconcellando qua e là da una battuta simpatica, da un verso spiazzante, da una cartolina insolitamente poetica.
Come del resto per ogni pagina dei suoi libri. Sbagliato è pretendere di illuminarsi d’immenso nemmeno ci si trovasse davanti a un Nobel, così come pretestuoso può diventare cercare il senso della vita nello sguardo da quarantenne un po’ playboy e un po’ Petrarca del panettiere bresciano. Nel bene e nel male tutta farina del suo sacco.
1. Nina ha scritto:
22 marzo 2012 alle 09:14