A domanda risponde Lorena Bianchetti dopo qualche critica di primo bilancio stagionale che accusa lei e il suo compagno di conduzione de L’italia sul 2, Milo Infante, di non essere troppo diversi dagli altri e di non fare quel servizio pubblico che un avevano annunciato nei proclami dei primi giorni di settembre, quando tornati dal mare si è tutti dei Gandhi e delle Giovanna D’Arco.
Ligia alla sua immagine di donna dai valori ben consolidati, a Libero Lorena spiega il suo giornalismo non rinunciando a quel pizzico di moralismo che tanti le contestano:
Da subito ci siamo dati un obiettivo: fare in modo che lo spettatore che ci guarda e che nella vita sceglie di essere corretto si senta meno stupido. Perché troppo spesso diventa un eroe lo spregiudicato, il maledetto. Senza presunzione offriamo una trasmissione che crea condivisione con una persona e non solo con un consumatore per fare audience.
E ai detrattori che associano il suo novellare a quel filone di cronachismo poco d’attualità e molto marginalmente sociale e sociologico la pia conduttrice ribatte a denti stretti:
Abbiamo anche parlato dell’aborto, della paura, dei rapporti chewing gum, quelli che al pari di una gomma da masticare si buttano via quando non sanno più di niente. Puntiamo a un programma che non narcotizzi il cervello della gente.
Ma non solo metafore innovative per i rapporti sessuali. Con il suo viso candido Lorena piazza qualche frecciata a tutti i colleghi più al centro della scena mediatica. Ampollosità solenne ma poco sentimentalismo quando si tratta di avere misericordia dei popolatori del tubo catodico. Su Baila & company, ormai emblema dei palinsesti guardoni nelle finestre altrui, non teme di esclamare:
Traducono una desertificazione intellettuale
Sulla cronaca nera invece spalmata a iosa qua e là si sente esente dalla macchia del voyeurismo, vanta di non essersi mai invischiata nel killer quiz e propone una chiave di lettura pedagogica dei delitti che superi il limite più evidente di questa programmazione.
Penso che la morbosità del dettaglio o il gioco di chi ha ucciso una persona non porti da alcuna parte e scelgo di non farlo anche se so che fa ascolti, ma ho il massimo rispetto per i colleghi che fanno scelte diverse. Se capiterà cercherò di non fare lo Sherlock Holmes della situazione ma di spiegare i risvolti che la violenza può avere, cosa c’è dietro certi comportamenti.
Manca la risposta alla domanda che non c’è. Pensi che usare un filtro buonista ai problemi più complessi della società significhi fare una buona trasmissione di servizio, di contenuto sociale?
1. AnTo ha scritto:
15 ottobre 2011 alle 16:59