In apertura di programma Lavitola è subito entrato nel merito delle intercettazioni telefoniche che lo riguardano assieme al premier Berlusconi e all’imprenditore Tarantini. Secondo il faccendiere ci sarebbero conversazioni che proverebbero la sua innocenza ma che al momento non risultano trascritte nelle carte della Procura. “Vorrei capire perché non è stata intercettata o trascritta, forse c’è stato un guasto tecnico…” ha affermato Lavitola, sibillino.
Nel frattempo Marco Travaglio carica le sue cartucce giornalistiche e spara in successione tre domande. Quale era o è il suo grado massonico rispetto al presidente del Consiglio? Quando ha saputo che i magistrati si stavano interessando di lei? Cosa voleva dire in quella telefonata con Tarantini quando vi mettevate d’accordo per mettere con le spalle al muro il Presidente del Consiglio? Lavitola parte proprio dall’ultimo interrogativo e spiega:
“Quelle parole vanno inquadrate… Bisogna considerare che i Tarantini erano ragazzi viziati, che sperperavano. Il loro interesse - per il quale pressavano - era quello di vedere continuamente Berlusconi, quindi io dicevo così in senso metaforico, per spiegare che in quel caso si sarebbero creati dei problemi anche a me“. Chiaro, no?
Allo stesso modo il faccendiere ha precisato di non aver fornito nessuna scheda telefonica peruviana a Berlusconi. Semmai “ho dato una scheda italiana al Presidente, comprata da un mio collaboratore peruviano“. E’ il turno di Corrado Formigli, che invita il latitante a chiarire l’entità dei suoi rapporti col Cavaliere e alcuni passaggi di denaro poco trasparenti.
“Non voglio assolutamente fare un processo in televisione. Io ho terrore della magistratura, ho una paura che mi si porta via quindi figurarsi se voglio fare irritare i pm. Ho una paura dannata, per questo mi sono reso latitante e ho fatto bene perchè Tarantini si è fatto un mese di carcere e la moglie una decina di giorni in cella. E dopo un mese stanno fuori. Io avrei fatto la loro stessa fine”.
Ha proseguito Lavitola, battibeccando con Travaglio. Il faccendiere ha poi interloquito con Carlo Bonini di Repubblica e Marco Lillo del Fatto Quotidiano, i quali lo hanno incalzato sui suoi trascorsi politici e sulle sue attuali attività: “che lavoro fa esattamente?“. Il super ospite, in collegamento da Panama, si appresta a spiegare la sua versione dei fatti, tutta da verificare. Gli argomenti in scaletta sono tanti e si arriva anche a parlare della casa di Montecarlo.
A due ore dall’inizio di Bersaglio mobile, il latitante continua a rispondere punto su punto alle sollecitazioni dei cronisti presenti in studio, riuscendo a tenere loro testa. Ascoltando il dibattito ci si convince che alcune argomentazioni andrebbero sottoposte al vaglio dei giudici prima che a quello telespettatori. Anche perchè, nel breve tempo della diretta, è difficile collegare fatti e immagini, confermare o smentire quanto si ascolta. Ci vogliono calma e ponderazione, sennò si corre il rischio di trarre conclusioni mediaticamente sommarie.
“Ho intenzione di rimanere latitante…” conferma Lavitola in chiusura di trasmissione, ostentando convizione. E già capisci il personaggio. Già intuisci la filosofia spavalda del bersaglio mobile fatto persona.
1. pig ha scritto:
28 settembre 2011 alle 22:42