Potrebbe essere il delitto televisivo dell’anno, non tanto per l’affascinante caccia al colpevole, che qui però è già chiaro, che ha contrassegnato la scorsa stagione dell’infotainment, quanto per una certa dose di prouderie che drammaticamente fa emergere. La morte di Paola Caputo e il tragico gioco erotico finito in tragedia hanno già fatto capolino nei salotti italiani della cronaca, e per lungo tempo ci resteranno, stando a quello che è il trend generale dell’informazione pomeridiana.
L’Osservatorio sui Diritti dei Minori è già sul piede di guerra e il primo programma a finire nell’occhio del ciclone è La Vita in Diretta. Chiara l’ammonizone al servizio pubblico che arriva da Antonio Marziale che chiede a chi si occupa di approfondimento giornalistico di ricalibrare i parametri della notiziabilità. Il presidente dell’osservatorio, nonché consulente della commissione parlamentare per l’infanzia, a proposito della decisione di Venier e Liorni di portare nelle case italiane con dovizia di dettaglio la tragica fine della ragazza dichiara:
Dispiace molto che la rete ammiraglia del servizio pubblico radiotelevisivo non abbia recepito le indicazioni del direttore generale Lorenza Lei in tema di ricentraggio qualitativo dell’offerta, specialmente in determinate fasce orarie. [...] E’ una cosa non ammissibile, per legge, in fascia protetta.
Diritto di cronaca contro diritto dei minori. Il caso è sicuramente delicato. Per quanto si voglia operare con delicatezza il rischio è di sembrare voyeuristi, più che mai. Non è solo Raiuno ovviamente ad essersi spinta però nell’impervio terreno della morte sadomaso nel garage. Il seminterrato di zio Michele rischia di essere presto archiviato a favore della cantina dell’estremo, con il corollario ancora più denso di detti e non detti che comunque vengano raccontati rischiano di essere pesanti, spiacevoli.
Un tempo nello slot dell’infotainment dell’ammiraglia c’era Solletico, i cartoni animati e i giochi per ragazzi, in eredità al tradizionale e storico modello di televisione pedagogica. Poi è arrivata la proliferazione delle propaggini dei telegiornali e i bambini si sono dovuti rifugiare sull’intrattenimento a pagamento, sempre che ne avessero la possibilità. In compenso si è aperta per loro qualche finestra nel prime time ma da protagonisti e non da spettatori.
Se appare dunque legittimo il periodico monito delle associazioni dei genitori e degli osservatori per chiedere che il servizio pubblico non lasci al mare magnum del web il compito di intrattenere i ragazzi diventa difficile capire il limite entro il quale il diritto di cronaca debba fermarsi.
1. MisterGrr (ex Mocjso) ha scritto:
15 settembre 2011 alle 13:08