Non c’è pace per la tv. Non c’è pace per i contratti: il caos è all’ordine del giorno, tutti contestano tutti e ad ogni ora che passa tutti gli schieramenti sembrano poter cambiare. I problemi legati alla realizzazione del cartoon di Adriano Celentano in questa lunga e calda estate di trattative e salti di barricate, presunti o meno, è solo l’ultimo atto. Il caso del cantante-produttore-guru che non potendo al momento più mettere piede in Rai (così pare) si era assicurato una vetrina per un nuovo progetto su Sky, meta degli esuli in cerca di spazi di libertà (o presunta tale), preoccupa quantomeno simbolicamente.
La lista delle battaglie si allunga sempre più nella guerra dei mondi del piccolo schermo: le minzolinate varie e le decisioni dei giudici del lavoro sui vari reintegri, i ribelli considerati ‘bolscevichi’ che tra abbandoni, rescissioni e dimissioni nicchiano sulla gestione dei contenuti e sulla reale libertà del mercato, le faide intestine e sotterranee. Per come si stanno configurando le dinamiche della televisione che verrà c’è davvero da stare molto attenti. Due sono le prospettive: l’allontanamento definitivo della popolazione digitalizzata dai meandri della tv o la palingenesi da tutti invocata.
Il ragazzo della via Gluck siamo sicuri che non avrà difficoltà a trovare nuovi sostenitori per la sua iniziativa, considerata l’esposizione mediatica di quello che ormai è diventato il suo brand ambientalista ed alternativo e appurato il seguito che ha consolidato con l’alleanza virtuale con la linea di Annozero. Così come non faranno vita da pensionati nè Lucia Annunziata né lo stesso Santoro. Tra giornali, riviste, web tv e canali tematici vari non mancherà chi vorrà accaparrarsi le loro firme.
Il problema che emerge sempre più drammaticamente è piuttosto quello che profila un sistema culturale di rappresentazione sempre più lontano dalla nuova onda, dai protagonisti della futura classe dirigente del Paese. Con la Rai che naviga in acque incertissime e con Mediaset che guadagna come pay tv ma i cui titoli azionari si sgonfiano in corrispondenza alla crisi politica di Silvio Berlusconi sembra crearsi per gli altri poli economici che gravitano attorno alla televisione l’occasione ghiottissima per sconvolgere concretamente il duopolio, per i più ‘maligni’ il monopolio Raiset.
Per Murdoch e company tutto ciò sembra davvero assumere i contorni della prova del nove per testare i margini di reale forza nell’industria culturale del paese. Per il gruppo di La7 l’occasione della vita per raddoppiare l’utenza media e trionfare come linea più concreta d’azione televisiva per il futuro, ci sia o non ci sia Santoro a ringalluzzire gli ascolti.
1. PeregoLibri ha scritto:
1 luglio 2011 alle 15:47