Quello che leggerete non è la solita notizia di una reprimenda che spara nel mucchio e che ritiene il Grande Fratello l’origine di tutti i mali del mondo postmoderno. Le parole che seguiranno cercano invece di cogliere nell’ultima anteprima di Michele Santoro, all’interno dello speciale dedicato alla pesca, gli stimoli di analisi più adeguati per fotografare la realtà della televisione italiana di oggi.
Brutta televisione quella italiana secondo il giornalista esule, il sistema che è ridotto peggio in Europa proprio per la scelta di non investire, di tirare a campare con il minimo e azzardando pure il riciclo di quel minimo, costi quel che costi. Un appiattimento di contenuti votato al ribasso con il classico alibi del mercato che chiede questo, ma che in realtà ha un collegamento abbastanza losco con disegni economico-politici sicuramente non casuali. Bisignani oggi, Masi e l’Agcom ieri: secondo Michele Santoro le intercettazioni non fanno altro che confermare l’esistenza di un sistema pronto a demolire ogni opposizione (e non a caso il suo giornalismo, voce più autorevole dell’opposizione al berlusconismo).
Non un problema per verecondi moralisti che puntano il dito contro il Grande Fratello, padre dei nostri reality ma anche format trasmesso ormai in tutto il mondo in mille salse: Santoro con un’apprezzabile onestà ammette di non aver niente contro il programma (come a voler dire che è una polemica da lasciare agli sciocchi quella contro gieffini, amici e tronisti in se per sé) e anzi di averlo guardato più volte. Il vero Grande Fratello da combattere sarebbe proprio un altro, quello più simile alla distopia di Orwell, ovvero la linea culturale generale imposta al paese da una certa politica.
Che si riferisse (senza andarci troppo per il sottile) piuttosto al voyeurismo del dolore o, peggio, alla parzialissima rappresentazione dei giovani, troppo spesso venditori tamarri di grazie e troppe poche volte ricercatori o normali operai?
Lo sfondo del sole ruggente, che sceglie per il suo ultimo giambo da capo rivolta, è anche la forza che gli suggerisce l’ultima tendenza politica. I risultati delle ultime consultazioni sono interpretate da tutti come eloquente segnale di stanchezza mandato alla classe dirigente. Un popolo di lavoratori in sofferenza o di senza lavoro che non trovano espressione se non sul web: questa l’amara considerazione di Michele Santoro.
Una rappresentazione che non ha ancora scavalcato la follia dello sradicamento della realtà, che pensa ancora al modello di una televisione che può inseguire l’utopia della ricchezza per tutti. L’analisi del conduttore di Annozero lascia a noi telespettatori l’impressione che sia proprio nella comunicazione di nuova generazione, che la Rai non riesce a comprendere, la prospettiva del nuovo progetto di Santoro.
Qualcosa più aperto alla messaggistica istantanea del web, quasi come il Costanzo che faceva i collegamenti via web cam nel suo talk satellitare già qualche anno fa, un format che rispondendo a questioni di antica memoria (potere d’acquisto, relazioni sindacali, classe operaia) accolga i canali e le forme di nuovi di informazione, i nuovi nodi di protesta sociale.
Apertura che in sostanza il rivoluzionario Michele ha già testato ergendo non a caso Bologna la rossa, la città con più alta densità di giovani per le strade, a capitale del suo nuovo modo di informare e di controprogrammare rispetto all’azienda per cui ha continuato a lavorare per anni solo in virtù della buona gloria passata e del valore simbolico del servizio pubblico, sapendo però perfettamente che il sistema del Grande Fratello era sempre in agguato, con tutti i pro e i contro del caso.
1. sirgeorgebest83 ha scritto:
29 giugno 2011 alle 15:50