Una ricerca sui gusti degli italiani ha delineato qualche tempo fa i motivi che spingono i telespettatori italiani ad abbonarsi ad una pay tv. Il calcio è prevedibilmente in cima alla lista dei desideri dell’italico popolo, seguito poco dopo dal cinema e dalle serie tv. Non è un caso che la paytv di Cologno sta concentrando gran parte degli investimenti proprio sul calcio nazionale (Serie A e B) e internazionale (Europa League e Mondiale per Club) e su una library esclusiva di film e telefilm, che annovera tra le tante le pellicole di Warner e Universal.
Lo stesso dicasi per Sky che non si è fatta problemi (di soldi) ad accaparrarsi l’esclusiva della Champions League, arricchendo il proprio bouquet cinematografico con ben due nuovi canali. Una strategia che ripaga senza dubbio in termini di abbonamenti e che in linea teorica dovrebbe anche aiutare la restante offerta televisiva a crescere a livello di ascolti. Dati Auditel alla mano però, gran parte dei canali ospitati dalla piattaforma di Murdoch viene pressoché snobbata. Vuoi per l’assenza di una cultura prevalentemente americana sulla televisione a pagamento, vuoi per la particolarità del sistema televisivo italiano, il satellite sembra rappresentare ancora una “seconda scelta”, un’alternativa, per l’abbonato medio.
La televisione generalista rimane “centrale” nelle nostre abitudini televisive, come dimostrano d’altronde gli ascolti del bouquet Sky, che raggiungono picchi solo in seconda serata o in presenza di particolari eventi. Non aiutano in tal senso la notevole quantità di canali a disposizione e l’assenza di punti di riferimento dalla programmazione forte, studiata per un pubblico meno specifico.
Partito sotto i migliori auspici, Sky Uno aveva di fatto questa mission ma – a due anni dalla nascita – possiamo parlare senza dubbio di esperimento fallito e a nulla hanno potuto Lorella Cuccarini e Fiorello, due volti cari al pubblico italiano. Ora ci prova XFactor, un investimento rischioso ma in buona parte giustificato, visto l’anomalo pubblico pregiato, tipico di Sky dopotutto, che ha seguito il talent nelle precedenti edizioni su Rai2.
D’altro canto lampante è l’esempio di Real Time. Paola Marella, Alessandro Borghese, Enzo Miccio o Barbara Giulienetti: nomi sconosciuti fino a poco più di un anno fa, che ora invece – con lo sbarco sul digitale terrestre del canale – sono sulla bocca di buona parte degli spettatori. A dimostrazione appunto che il pubblico satellitare è perennemente in movimento e poco abituato ad affezionarsi. E i network non sono affatto capaci a fidelizzare. O non ne sono interessati chissà…
1. mats ha scritto:
21 maggio 2011 alle 15:35