Capacità di essere più diretti e perdita di freni inibitori, da un lato, e diminuzione della memoria, dall’altro, sono ineluttabili conseguenze dell’invecchiamento. A questi “effetti collaterali” non sembra sfuggire lo storico gruppo musicale dei Pooh che si lanciano all’attacco del genere televisivo più in voga degli ultimi tempi, quello dei talent show.
La critica mossa dal portavoce dell’ex quartetto, Red Canzian, è netta ed inequivocabile “Era meglio quando la gavetta si iniziava nelle piazze. Oggi ci si ritrova primi in classifica senza sapere, però, dopo dove andare“. Il parere ha il sapore della nostalgia, il retrogusto dei bei tempi andati, del “si stava meglio quando si stava peggio”.
Peccato però che proprio qualche giorno fa, il 7 ottobre, il tenore delle dichiarazioni rilasciate a Tgcom era completamente diverso e non venivano risparmiati elogi al vincitore della scorsa edizione di XFactor Marco Mengoni: “Ha un talento straordinario, dovrebbe fare un album di sole cover“. Lo stesso Mengoni, veniva poi citato dai Pooh come esempio positivo nel confronto tra il talent di Rai2 di quest’anno e le edizioni precedenti: “Non ci sono ragazzi interessanti come Mengoni o Noemi”. Cosa avrà provocato questo cambiamento repentino di idee? Interessante il pensiero del gruppo sulle possibilità di successo che avrebbero avuto nel caso di partecipazione a trasmissioni di questo tipo: “Se i talent show fossero esistiti negli anni sessanta, molti degli artisti che ci sono adesso non sarebbero stati presi perché non avevano quelle caratteristiche che questi programmi richiedono”.
Nulla di male ad esprimere il proprio punto di vista, per carità. Ma se si dichiara la contrarietà ad un certo tipo di televisione, perché allora andare ospiti questa sera ad uno show come Ti lascio una canzone, ascrivibile proprio al genere dei (baby) talent?
1. A.C. Vatusso ha scritto:
13 ottobre 2010 alle 18:01