22
marzo

IO CANTO BALLANDO TRA STELLE E STELLINE

“Spengono le luci, tacciono le voci e nel buio senti sussurar…”, così iniziava  una canzone di Celentano, un tangaccio  dal titolo “Prego grazie scusi (tornerò)”. Sabato sera si sono spente ufficialmente le luci dell’Auditorium RAI del Foro Italico e dello Studio 20  di Cologno Monzese che hanno  visto trionfare rispettivamente Veronica Olivier e il piccolo fenomeno Cristian Imparato, in procinto di partire per l’America per andare a vivere il suo piccolo grande  sogno.

Io Canto e Ballando con le Stelle, due programmi di grande successo, uno consolidatosi negli anni, l’altro appena nato; due  programmi molto  pop che toccano corde molto vicine alla nostra indole italica, due mostruose, rigorose ed infernali macchine “da guerra” dai meccanismi narrativi e produttivi “svizzeri”. Nulla è lasciato al caso: alchimie, casting, opinionisti, ospiti, conduzione, arrangiamenti, costumi, regia, esibizioni, impianto scenografico. Due programmi finalmente ed evidentemente “provati” (caso raro nella televisione di oggi) così apparentemente differenti ma molto molto vicini nella loro essenza e ricerca di una  perfezione narrativa e di packaging.

Possono piacere e non piacere, ma sicuramente non si può discutere sulla qualità della confezione. Due programmi, il primo prodotto da Ballandi, casa di produzione sinonimo di qualità e di professionalità, l’altro prodotto internamente da Rti e Videotime, due marchi che rappresentano il lavoro appassionato di tante categorie di lavoratori, grandi professionisti che, probabilmente, non vedevano l’ora di tornare come ai “vecchi tempi” in cui non esistevano le dure logiche dell’ottimizzazione – a prescindere – dei costi e dei budget: si facevano le 5 del mattino in studio ma la stanchezza era davvero un optional, tutti coesi nel tentare di portare a casa un bel programma. Ora, per dovere di cronaca, il professionista deve sempre “portare a casa” il prodotto pur con tutti i paletti che vengono a lui imposti, ma se si può lavorare come Dio comanda, tutto ciò, poi, è evidentemente riscontrabile guardando in onda lo show.

Vogliamo tuttavia sottolineare, per onestà intellettuale, che non sempre mezzi, budget e grandi nomi fanno un grande programma: prendiamo per esempio gli One man show: se lo fa Fiorello, vero grande valore aggiunto, puoi mettergli vicino anche la sciura Maria (non la de Filippi ma una qualsiasi bella signora Maria di italica provenienza) ma il Fiorello Aladino, genio della lampada, si inventerà sempre una gag, una magia tale da rendere quel momento unico ed irripetibile; e se poi, per caso, quella Sciura Maria si chiama Carey allora ne uscirà un momento di alta televisione. Se lo fa Dalla, artista sublime, musicista geniale, ma non propriamente portato nella conduzione popolare poichè troppo “alto” per la massa e con poche corde nella conduzione, il risultato cambia. E potremmo azzardare anche altri nomi, magari ripagati da buoni ascolti, tipo D’Alessio, ma condurre, tenere il palco alla Billy Cristal è davvero un’arte che pochi conoscono. 

Un’altra esemplificazione di profusione di mezzi ed ospiti riguarda  il confronto tra Barbareschi Sciock e il Chiambretti Night: anche qui non si è badato a spese ma la differenza, come sempre, la fa il manico: l’intervista a Tyson fatta dal Barbareschi era di una banalità e di una noia mortale, pur essendo Luca un uomo di grande intelligenza, colto, professionalmente  preparato. Ma ha un difetto: oltre a non sprizzare simpatia, il ruolo di conduttore alla Letterman – forse - non è propriamente nelle sue corde. Corde che, invece, sono nel Dna di Chiambretti: la classe, l’arguzia, la simpatia, la sagacia, l’umorismo pungente, la  preparazione meticolosa su qualsiasi ospite calchi il suo palcoscenico fanno la differenza. Dalla grande star alla starlette dell’ultimo Gf, Chiambretti è uno che si documenta su tutto, conosce chi ha davanti come pochi e la sua grande forza è nella formulazione delle domande che già ti fanno ridere a prescindere dalla risposta. Questa è la sua grande forza. Se poi ci aggiungi le coreografie di Bill Goodson, la regia di Fusi, la soubrette del Moulin Rouge ma anche il mix di contorno formato dai Gemelli gelatai, Costantino delle Gherardesca, Johanatan, passando dal Coniglio rappettaro alla Coniglia sexy, dalla Maionchi a Tati Sanguineti, questo gigantesco caravanserraglio dai sapori sempre più felliniani (Ginger e Fred), rende  tutto ciò un prodotto di assoluta genialità e qualità ma senza la presenza del Piccolo Manico piemontese, del Pierino di smoking vestito, che con la sua sola presenza riesce a sdoganare qualsiasi pazzia, tutto quanto risulterebbe un elaborato mix completamente disorganico.



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2 Commenti dei lettori »

1. gangboy ha scritto:

22 marzo 2010 alle 20:25

auditorium del foro italico?
Mi risulta che Ballando vada in onda dagli studi Voxson di Roma



2. Davide Maggio ha scritto:

22 marzo 2010 alle 21:12

@ gangboy: ti risulta male. Quest’anno si e’ spostato dai Voxson all’Auditorium del Foro Italico.



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