“Lasciateci cantare con la chitarra in mano sono un Italiano, un Italiano vero” . Chi non ricorda le parole della canzone di Cutugno, uno dei 3 “trombati” di questo 60esimo Festival di Sanremo, che per inciso ha fatto il giro del mondo vendendo milioni di dischi? Si, signori, milioni di dischi, non bruscolini. Per dovere di cronaca, anni fa per vincere un Disco d’oro si doveva vendere un milione di copie, adesso per vincerne uno, seppur con la recessione, ne bastano quindici o venticinquemila copie. Questo per rendere l’ idea di come il mercato si sia ridotto.
Ma non siamo qui a cantare il de profundis del mercato discografico; oggi siamo invece qui ad analizzare il successo ormai acclarato di questa edizione targata Antonella Clerici. Prima puntata, quasi undici milioni, seconda puntata, altro botto, stessi ascolti, che per chi si occupa di tv è quasi un miracolo, perchè, come dicono quelli che parlano bene, nella seconda puntata c’è sempre un calo fisiologico. E invece questa sessantesima edizione, seppur con un parterre di ospiti inferiore a quello di altre edizioni e con canzoni non propriamente all’ altezza, ha rifatto, anche nella seconda puntata, un boom di ascolti. Alla faccia di detrattori, dietrologi e pessimisti cosmici.
A questo punto ci chiediamo: ma senza ospiti importanti, senza canzoni all’altezza, senza valletti, come mai questo Festival sta avendo un successo, diciamolo (alla Fiorello-La Russa), cosi insperato? Non sarà che forse, questo successo, è tutto da attribuire alla Antonellina nostra, che trasforma difetti, gaffe, mancanza di phisique du role in valore aggiunto? Probabilmente anzi sicuramente è cosi. Ma vediamo di capirne i motivi…
Secondo noi, l’Antonellina Clerici dovrebbe essere scelta come testimonial per rappresentare il sistema Italia nel mondo. Ne è, infatti, la classica espressione vivente: adora il cibo (Lei alla “Prova del Cuoco” si rimpinzava di “mangiarini e assaggini” come farebbe chiunque), sempre a dieta e come tutti gli Italiani che si mettono a dieta, ti chiedono “hai visto come sono dimagrita?”. I suoi interlocutori preferiti, in questa sessantesima edizione del Festival? I 300 disperati, affamati e accaldati della Giuria Demoscopica. Quando si mette a danzare, con quei vestiti di Mattiolo che sembrano le mantovane del salotto buono di casa, sembra la fidanzata dell’Orso Yoghi. Si trova davanti la regina Rania di Giordania? E lei le chiede come prepara i biscotti al cioccolato. Annuncia i tre tenorini e se li mangia con gli occhi come se fossero i figli della sorella che probabilmente non ha.
Signori questa è Antonella Clerici, caciarona, lombarda per sbaglio, perchè, per come è, potrebbe essere nata dovunque in Molise, in Puglia, in Campania come in Calabria. Lei è l’imperfezione fatta a perfezione, Lei è l’Italia allegra, matronesca, caciarona e rassicurante che ti invita a casa e ti offre il cognacchino o il limoncello.
E, questa cosa fa ancora più sorridere dinanzi alla scenografia avveniristica di quel fenomeno di Gaetano Castelli, così avanti e futuristica in una edizione dal profumo e dall’atmosfera così provinciale. Antonella ha dissacrato la ritualità del Mito Sanremo rendendolo accessibile a tutti, utilizzando un linguaggio che anche le varie Sciure Pine, Santuzze e tutte le casalinghe di Voghera capiscono perfettamente senza far ricorso a vocabolari vari.
Tuttavia è da sottolineare un dato molto importante che fa (e farà) discutere ma soprattutto dovrebbe far riflettere: pur con una conduzione così poco “affettata e manieristica” , in questa edizione si sta registrando una svolta epocale: l’ avvicinamento del popolo giovane che è andato a sommarsi allo zoccolo duro dei fruitori del Festival. Non crediamo sia solo la contaminazione e la conquista della ribalta Sanremese di esponenti transfughi dai vari “Amici” o “XFactor”, ma forse anche la scelta dei brani, degli arrangiamenti – non sempre così risconoscibili al primo ascolto, ma sicuramente piu “nuovi” e moderni - ha concorso ad allargare il bacino di utenza.
Noi, personalmente, propendiamo per la capacità ipnotica delle meravigliose imperfezioni strutturali della conduttrice che con abilità e grande maestria è riuscita, come nel gioco delle 3 tavolette, a trasformare i difetti in pregi.
A questo punto non ci resta che dire: brava Antonella sei un’Italiana… un’Italiana vera!!!
1. ester ha scritto:
18 febbraio 2010 alle 20:40