
21
agosto
Aresgate: uno scandalo ancora senza risposte

Gabriel Garko (foto US Warner Bros. Discovery)
È l’8 gennaio 2019 quando Teodosio Losito, sceneggiatore e produttore delle fiction Mediaset di maggior successo degli anni 2000, viene rinvenuto impiccato nella villa di Zagarolo in cui viveva insieme all’ex compagno Alberto Tarallo, con il quale aveva fondato la Ares Film. Poco dopo viene dichiarata la bancarotta della società di produzione e così, con questa triste vicenda, sembra calare il sipario su un patinato mondo di successi tv e divi da copertina. Se non fosse che il sipario si riapre bruscamente nel settembre del 2020 a seguito delle confidenze tra Rosalinda Cannavò, in arte Adua del Vesco, e Massimiliano Morra, concorrenti del Gf Vip. Attraverso le telecamere della casa più spiata di Italia il pubblico sente pronunciare parole pesanti, confuse ma pericolose: setta, magia nera, Lucifero, ricatti psicologici, manipolazioni, istigazione al suicidio, tutte riferite al magico mondo della Ares e, in particolar modo, proprio a quei due personaggi, Losito (in veste di vittima) e Tarallo (in veste di carnefice). Il fratello di Losito chiede alla Guardia di Finanza di gettare luce in quelle acque torbide, desideroso di scoprire se quelle dichiarazioni fossero la punta di un iceberg potenzialmente micidiale. Nove ha scelto di ricostruire la vicenda con un documentario dal titolo Ares Gate: la fabbrica delle illusioni in onda a settembre e già disponibile su Discovery+.
Attraverso le dichiarazioni del fratello del suicida, degli avvocati di Tarallo e della famiglia Losito, depositari di versioni dei fatti agli antipodi, degli uomini della Guardia di Finanza che si sono occupati delle indagini, di giornalisti e altri addetti ai lavori coinvolti nella vicenda il documentario ricostruisce i contorni della figura di Losito e di Zagarollywood, quel luogo misterioso che avrebbe risucchiato gli attori che lavoravano per la Ares, da Garko alla del Vesco, dalla Arcuri alla Grimaldi. Intrighi, relazioni di copertura, finte liti, manipolazioni al fine di nascondere la vita vera dei divi della tv, insomma tanto gossip, intrecciato poi alla cronaca nera, a fare da sfondo a un caso giudiziario che potrebbe facilmente essere scambiato per la sceneggiatura di una delle migliori fiction della Ares: una metafinzione grottesca, esagerata, assurda.
All’appello mancano i diretti interessati – da Tarallo ai vari artisti coinvolti nella vicenda – che non prendono parte al documentario rilasciando interviste. Ne ascoltiamo il punto di vista attraverso le intercettazioni telefoniche (come quelle che hanno protagonista Gabriel Garko, al telefono con la Grimaldi e sua madre, critico nei confronti di Tarallo) e le deposizioni - che sono anche la parte più interessante del documentario – rilasciate alla Guardia di Finanza. Eppure, a distanza di qualche anno, a mente fredda, avrebbero potuto ripercorrere forse più lucidamente la vicenda dando tutte le risposte.
L’impressione è che il documentario, sebbene susciti interesse per via della tematica, non aggiunga nulla di nuovo a quanto già noto al pubblico che ha seguito il caso che, del resto, presenta ancora degli interrogativi e non è stato del tutto chiuso (come riporta il documentario, le accuse di istigazione al suicidio per Tarallo sono cadute, ma rimane l’ipotesi di bancarotta fraudolenta mentre il prossimo 13 settembre Tarallo dovrà rispondere dell’accusa di falsificazione del testamento di Losito). E’ il resoconto di una vicenda triste, crudele, davvero una fabbrica delle illusioni, che, per citare alcuni dei successi della Ares Film, non ha nulla dell’”onore e del rispetto”, ma è certamente macchiata di “peccato e vergogna”.


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