Siamo tornati al punto di partenza. Chi l’avrebbe detto che nel 2022, epoca di nuovi modelli di fruizione e serialità d’avanguardia, ci si contendesse Un Medico in Famiglia. La fiction iper tradizionale ed emblema della tv generalista dei tempi che furono, nelle ultime settimane, ha riempito i social di Prime Video e Netflix che la ospitano in streaming, insieme a Raiplay.
Tralasciando gli ottimi risultati sulla piattaforma di casa; su Netflix è arrivata in top 10 quotidiana alla decima posizione. Ebbene sì, Eleonora Andreatta, che ne ha di fatto decretato la chiusura (senza un degno finale), ora se la ritrova nella library con esiti – almeno nel rapporto costo-visualizzazioni – superiori alle pompate e ambiziose produzioni originali. Ma il successo della produzione Publispei squarcia un velo sulla vagheggiata e vaneggiata superiorità dell’intrattenimento in streaming.
Da un lato una cattiva notizia, dall’altra una buona. La buona è che Netflix è arrivata ad un pubblico più largo, in fatto di età e gusti, e quantitativamente rilevante; la cattiva è che si perde di distintività e che il tasso di innovazione, già di per sè basso, rischia di appiattirsi ulteriormente. Ma d’altronde, citando una recente pubblicità del gruppo spagnolo Atresmedia rivolta a tutti coloro i quali avevano assicurato che non sarebbero mai arrivati gli spot, Benvenuti in televisione.