24
marzo

Rocco Schiavone e l’eterno ritorno dell’uguale

Rocco Schiavone 4 - Marco Giallini

Rocco Schiavone 4 - Marco Giallini

La quarta stagione di Rocco Schiavone, che si conclude questa sera su Rai 2, è stata una meteora. Solo due puntate (mentre la prima ne contava sei e le altre quattro) che hanno rappresentato la prosecuzione ideale della terza, perchè il protagonista aveva ancora un’indagine da chiudere e un dramma personale che continua a condizionarlo. Cosa ne sarà di lui dopo la messa in onda di Ah, l’amore, l’amore (qui le anticipazioni)?

Schiavone è un personaggio forte, completo, riconoscibile, che Marco Giallini ha fatto suo in modo straordinario e che il pubblico seguita ad apprezzare: la prima puntata di questa quarta stagione mercoledì scorso ha segnato il 10.9%, guadagnando oltre un punto di share sul debutto della terza nel 2019. Non ci sarebbe dunque ragione per interrompere la serie, tanto più che l’attore romano ama interpretarla, ma, al di là del fatto che un nuovo capitolo non sia ancora stato ufficializzato, avvertiamo un problema a livello di contenuti.

I romanzi scritti da Antonio Manzini con protagonista il burbero vicequestore sono stati già tutti sceneggiati per la fiction Cross Production, insieme a molti racconti; di questi ultimi ne restano alcuni ancora disponibili, intorno ai quali sarebbe senz’altro possibile creare nuovi episodi televisivi, in attesa di ulteriori pubblicazioni dell’autore. Il nodo della questione resta lo sviluppo narrativo della serie, che in pratica è ferma al punto di partenza dal 2016.

Rocco Schiavone, dall’esordio fino ad oggi, resta un uomo in fuga da un passato che lo perseguita, del quale non riesce a liberarsi e che lo condiziona: Enzo Baiocchi (Adamo Dionisi), il fratello dell’uomo che ha ucciso per vendicare la morte della moglie, era ed è una minaccia che incombe sulla sua vita, perchè potrebbe ucciderlo oppure rovinargli la carriera.

Che Schiavone sia rimasto intimamente sempre uguale a se stesso, nonostante gli incontri che ha fatto e i vani tentativi di aprirsi, va benissimo, perchè la sua natura malinconica e solitaria è un marchio di fabbrica che funziona e con la quale potrà risolvere altre centinaia di indagini, litigando con collaboratori e superiori. La speranza è, però, che questa morsa che lo stringe, dopo sedici puntate complessive, possa finalmente essere archiviata, perchè ormai ridondante e limitante, capace di dare allo spettatore una continua – e fastidiosa! – sensazione di déjà vu.

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