La recitazione appassionata (ed auto-compiaciuta), i ricordi personali intrecciati a quelli della memoria comune, la musica e le canzoni. Quelle emozionanti di Domenico Modugno. Penso che un sogno così aveva in sé tutti gli elementi dello spettacolo teatrale pensato e realizzato per il pubblico in sala. E nella resa televisiva, questo, è stato un limite: ieri sera, in prime time su Rai1, il racconto inscenato da Beppe Fiorello è rimasto impigliato nei limiti della sua stessa struttura, poco adatta ad una platea generalista magari poco avvezza ai tempi distesi del teatro e ai ritmi anti-televisivi di un monologo durato oltre due ore.
Il “volo immaginario” dell’attore siciliano si è tradotto in una lunga narrazione nella quale, specularmente, venivano ricordati il padre di Fiorello e Domenico Modugno. Attraverso alcuni aneddoti, alternati alle canzoni da lui stesso intonate, l’interprete ha portato alla memoria non solo le storie passate della propria famiglia, ma anche quelle di un intero Paese, toccando temi che riguardano il vissuto comune. Una valida prova di recitazione, la sua, sicuramente sorretta da talento, ma anche appesantita da una autoreferenzialità a tratti eccedente, dovuta giocoforza alla completa assimilazione tra persona e personaggio prevista dalla sceneggiatura.
Il protagonismo di Beppe Fiorello, in questo senso, ha in parte compresso la figura di Domenico Modugno, ingabbiandola nel fitto reticolo delle suggestioni e dei parallelismi ricreati in scena dall’attore stesso. Alquanto marginale, inoltre, il contributo degli ospiti – sono intervenuti Eleonora Abbagnato, l’ologramma di Pierfrancesco Favino, Paola Turci, Serena Rossi e Francesca Chillemi – ridotto ad una serie di comparsate che hanno puntellato il monologo. Intenso, nella parte finale, il gioco di specchi con cui Giuseppe e Rosario Fiorello hanno ricordato il loro padre. Tra i momenti in cui l’attenzione, costantemente messa alla prova, è stata ridestata, anche quello in cui si è ripercorsa la genesi di «Nel blu dipinto di blu», celeberrimo brano musicale del 1958.
Per Rai1, la messa in onda di Penso che un Sogno Così è stata sicuramente una scelta ardita, se non altro per la lunga durata dello spettacolo non sorretta da una adeguata impostazione televisiva. Basti pensare al corposo monologo iniziale sul leggendario “lupinaro”, che probabilmente avrà indotto il pubblico meno paziente a desistere dal prosieguo. Il racconto – al di là delle emozioni suscitate – andava probabilmente rimaneggiato per l’occasione, considerando anche l’assordante assenza del pubblico in sala che ha contribuito ad ovattare la pièce.
1. laboccadellaverità ha scritto:
12 gennaio 2021 alle 13:30