“Dobbiamo liberare la Rai dalla politica e dai partiti“. Per quanto sia determinato, sull’argomento Roberto Fico è ormai diventato un disco rotto. Nell’ambito di una manifestazione in ricordo di Giancarlo Siani tenutasi oggi a Napoli, il Presidente della Camera è tornato a ribadire la propria volontà di rendere il servizio pubblico impermeabile alle influenze parlamentari e politiche in generale, come già aveva fatto più volte in passato. Parole, parole, parole (anche condivisibili, per carità!), che tuttavia non sono ancora state seguite dai fatti.
“Dobbiamo liberare la Rai dalla politica e dai partiti. Departitizzare la Rai è fondamentale, perché se cambia la Rai può cambiare anche il Paese“
ha affermato Fico, che solo pochi giorni fa – commentando i risultati elettorali – aveva inserito la questione Rai tra i temi identitari del Movimento Cinque Stelle. Il politico grillino da tempo porta avanti la battaglia e di tanto in tanto ci ritorna con dichiarazioni pubbliche solenni ma paradossalmente fini a se stesse in quanto prive di seguito.
“C’è urgente bisogno di una riforma” aveva sentenziato nell’ottobre 2019, denunciando una certa resistenza al cambiamento da parte dei partiti. E anche nel giugno dell’anno prima aveva speso parole analoghe lanciando un monito affinché la politica non si immischiasse nel rinnovo dei vertici di Viale Mazzini. Per non parlare dei ripetuti richiami ai colleghi politici effettuati dal grillino durante la sua presidenza alla Vigilanza Rai.
Su queste pagine abbiamo sempre dato spazio alle affermazioni del Presidente della Camera sulla Rai in quanto alla logica della lottizzazione preferiamo di gran lunga quella del merito; al contempo, abbiamo sottolineato che sarebbe compito della stessa politica – e quindi anche del medesimo Fico – avanzare proposte concrete e articolate di cambiamento. Attualmente, invece, non si è mai andati oltre ai buoni propositi.
L’operazione in ogni caso sarebbe tutt’altro che immediata. Quello della Rai libera dai partiti è infatti uno slogan facile da pronunciare ma complesso da realizzare. Quale forma di governance andrebbe a sostituire l’attuale gestione del servizio pubblico? Una Fondazione? Un management espressione di vari organismi? E con quali criteri di nomina? Domande che, qualora ci fosse una reale volontà di cambiamento, meriterebbero una risposta.
1. Old Story ha scritto:
23 settembre 2020 alle 23:47