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dicembre

Rai, ecco i programmi che coprono i costi solo con gli spot. Chi l’ha visto? svetta

Federica Sciarelli, Chi l'ha visto

I programmi Rai che possono fare a meno del canone sono pochissimi. Nel 2017, soltanto quattro. Un documento del servizio pubblico – di cui Repubblica dà notizia – svela quali trasmissioni coprivano (in quell’anno) la totalità delle loro spese grazie alla pubblicità. Tra di esse, alcune sorprese: Chi l’ha Visto? e Linea Blu rientrano infatti tra le produzioni più virtuose.

Che in Rai il canone foraggi quasi tutte le trasmissioni, è cosa nota. Meno risaputo, invece, è il numero risicatissimo di programmi autosufficienti, in grado cioè di sostenersi interamente grazie ai ricavi pubblicitari. Nel 2017 appartenevano a questa categoria le già citate Chi l’ha visto?, Linea Blu, assieme ai Wind Music Awards e al Festival di Sanremo.

Medaglia d’oro al programma di Federica Sciarelli, che tre anni fa riusciva a coprire i propri costi per il 152% grazie alla pubblicità. Seguiva, in classifica, Linea Blu (133% di copertura costi), e i Wind Music Awards, che con soli 8 break coprivano le proprie spese per il 129%. Bene anche il 66esimo Festival di Sanremo (copertura 106%).

L’ulteriore notizia è che, tra le trasmissioni totalmente autosufficienti (elenco completo al termine dell’articolo), non compaiono blasonati titoli come Ulisse di Alberto Angela, Porta a Porta, Report, presenti sì in classifica ma in posizioni inferiori. E, soprattutto, sul podio non c’è Che tempo che fa, programma di Fabio Fazio che nel 2017 andava in onda su Rai3 e che in quell’anno risultava autosufficiente solo a metà (54%). Istintivo ripensare alle polemiche divampate attorno alla trasmissione ed ai suoi costi, anche in vista della promozione su Rai1 che sarebbe avvenuta proprio nell’autunno 2017.

Come riporta Repubblica, la Rai ha indagato l’autosufficienza dei propri programmi per individuare le trasmissioni “di natura artistica” e in particolare quelle “a valore aggiunto“, capaci di coprire quantomeno il 40% dei loro costi complessivi con i ricavi pubblicitari. Questo perché la discussa legge che impone il tetto dei 240mila euro agli stipendi consente una deroga al suddetto limite per le prestazioni “artistiche o professionali” che consentano all’emittente di “competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza”.



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