Selvaggia Lucarelli replica a Le Iene punto su punto, con la premura di non lasciare nulla di inevaso. Sul caso di Igor, il 14enne morto in circostanze ancora da chiarire, la giornalista non ci sta a passare per quella insensibile. O, peggio, in mala fede. Nei giorni scorsi, in un servizio, la trasmissione di Italia1 la aveva accusata di essersi scagliata, in un post su Facebook, contro i genitori del ragazzo, mettendo in dubbio la loro convinzione che questi avesse perso la vita a causa di una folle sfida online, il Blackout Challenge. La giornalista, scettica su questa ipotesi, era stata duramente criticata da Le Iene, che avevano parlato di “metodo Lucarelli“. Da noi interpellata per commentare la vicenda, Selvaggia si è fatta trovare agguerrita. “Non mi faccio intimidire dalle vendette” ha contrattaccato, riferendosi proprio al programma di Davide Parenti.
Le Iene ti hanno accusata di esserti scagliata contro i genitori di Igor, secondo i quali avresti agito “per un pugno di like”.
Intanto mi preme dire che non vedo cosa c’entrino i like. Le Iene si sono stranamente dimenticate di specificare che le mie riflessioni erano un articolo pubblicato su il Fatto, poi riportato su Facebook, quindi era lavoro, non ricerca di like, che per giunta erano davvero pochissimi. Questo dà già l’idea di quanto abbiano un problema personale con me e di quanto amino manipolare i fatti.
Ma ti sei scagliata o no contro questi genitori?
L’articolo criticato è sulla mia pagina, leggibile. Chi lo ha letto dopo aver visto Le Iene ha capito che nel programma, in malafede, si è estrapolata una riga sola e che quel pezzo non era affatto aggressivo. Mi chiedevo solo se da parte della stampa e dei genitori non fosse poco prudente parlare di Blackout Challenge senza un’indagine chiusa che lo accertasse. Dicevo che parlare di fenomeni web che forse non esistono è pericoloso e si corre il rischio emulazione. Raccontare che mi sono scagliata contro i genitori è una falsità malevola.
Quindi secondo te non bisogna parlare di questi giochi pericolosi che corrono in rete o denunciarne i rischi?
Bisogna prevenire tramite l’informazione se c’è un pericolo, non inventare narrazioni su fenomeni inesistenti, perché si rischia che finisca come con il Blue Whale. Nessuno si è tolto la vita per il Blue Whale in Italia, non esiste alcun fenomeno se non la psicosi creatasi nei giorni successivi proprio per il servizio delle Iene con i falsi video di suicidi di adolescenti. Si chiama ‘effetto Werther’. Un caso isolato, se esiste, non è un ‘fenomeno’. Se io domani mi invento il gioco dell’olio bollente tirato per strada a qualcuno e metto il video in rete, non è un fenomeno ma è un caso isolato. Se poi diventa una moda, bene allarmarsi e parlarne, seguendo delle linee guida precise.
Le Iene e i genitori di Igor, però, parlano chiaramente di Blackout Challenge. Perché tu hai scelto di mettere in dubbio questa versione?
Non perché lo escluda a prescindere ma perché le indagini non sono chiuse e se sia stato suicidio o istigazione al suicidio, semplicemente non si sa. Secondo Repubblica, la polizia postale sta analizzando dei video legati a una pratica pseudo-sportiva. Dire che bisogna attendere che ci siano certezze è corretto da un punto di vista giornalistico, confezionare un servizio fingendo che quella sia una verità granitica e che chi si fa delle domande sia uno stronzo che pecca di insensibilità è una roba degna delle Iene. In questo caso una vendetta nei miei confronti.
Vendetta perché li hai spesso criticati?
Certo. Me lo aspettavo, sanno tutti che sono scorpioni che pungono chi li critica, c’è gente ancora traumatizzata dai servizi delle iene, ma non pensavo facessero una cosa così bassa. Forzare una narrazione utilizzando biecamente il dolore di due genitori non per parlare di prevenzione e la morte di un ragazzino, ma per colpire me, mentendo, è stato davvero meschino.
Per cosa li avresti fatti arrabbiare?
Perché ho detto che con il metodo dell’indagine su Brizzi, che sia colpevole o no, hanno calpestato lo stato di diritto. Perché ho detto che il servizio sulla Sarti era brutto. Perché ho detto che su David Rossi hanno appositamente omesso le prove più schiaccianti che indicano la pista del suicidio – per esempio che praticava autolesionismo – e hanno fatto finta di non sapere, per esempio, che di lampi come quello che interpretano come un orologio che cade, in quel video ce ne sono altri venti. Perché ho detto che il caso Erba è una colossale bufala e che insinuare sospetti sui Castagna è stato osceno. Perché fui io a intervistare Viviani sul Fatto e a fargli ammettere che i video dei suicidi del Blue Whale erano falsi. Vado avanti?
I genitori del ragazzo ti hanno accusata di essere stata cattiva, di aver inveito contro di loro in una telefonata.
Peccato che le Iene si siano scordate di concedermi una replica e abbiano dato spazio a una sola versione senza alcuna prova, cosa un po’ da cialtroni del giornalismo. Io ho chiamato sempre Monteleone, Viviani, perfino Parenti, per confrontarmi con loro sui servizi di cui avrei scritto. Lavoriamo in modo diverso, per fortuna.
Ma li avevi aggrediti o no?
Ma figuriamoci. Perché avrei dovuto poi? La telefonata me l’ha chiesta la mamma di Igor, che mi ha inviato il suo numero. Io non l’ho chiamata subito ma venti giorni dopo, per lasciar passare del tempo. Quello che Le Iene non potevano sapere è che quella telefonata è registrata e ascoltandola si sentono toni assolutamente concilianti da parte mia. Faccio solo una domanda – “L’indagine è chiusa?” – a più riprese, senza mai offendere, aggredire, mancare di rispetto, cosa che invece fa la signora. Le chiedo perfino con gentilezza di non essere ostile con me. Del resto la volevo mettere online ma la signora me lo ha vietato, dicendo che se lo faccio mi denuncia e si rivolge al Garante della Privacy. Insomma, lei va in tv per sua scelta dopo ben sei mesi da quell’articolo ad accusarmi di averla aggredita e io non posso difendermi. Io la rispetto perché soffre, però non posso lasciar passare questa versione come la verità.
A Le Iene i genitori di Igor si domandano perché non tu non li abbia chiamati per informarti prima di formulare le tue considerazioni sul caso.
Non ho ritenuto necessario parlare con loro, nel senso che quello che leggevo sui giornali in merito alla vicenda e le loro dichiarazioni erano già il quadro della situazione in quel momento. Loro sostenevano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il figlio fosse morto in quel modo (a causa della Blackout Challenge, ndDM), tant’è che avevano già manifestato la volontà di andare in giro per le scuole a parlarne. Quindi era un dato certo, perché se tu decidi di andare nelle scuole a raccontare ai giovani che c’è questo pericolo e che tuo figlio è morto a causa di questo gioco, vuol dire che le conclusioni sono già tratte. Siccome le indagini non dicevano la stessa cosa e infatti sono ancora in corso, il mio mi sembrava solo un invito alla prudenza senza voler aggredire, essere indelicata o inveire contro nessuno. Era solo una ricerca della verità.
Le Iene ti rimproverano di aver scritto “arrampicatore” ad alcuni amici e conoscenti di Igor che, nel post da te pubblicato, sostenevano ragioni diverse dalle tue.
Altra narrazione tendenziosa delle Iene. Sembrava che io scrivessi arrampicatore nel senso di arrampicatore sociale, ma io rispondevo agli amici del padre del ragazzino che sono tutti veri arrampicatori su roccia e siccome mi offendevano tutti allo stesso modo – soubrette, occupati di gossip, nullità – io quando vedevo un loro commento denigratorio scrivevo “arrampicatore” per dire che erano altri amici in supporto del padre, non commentatori neutrali. Qui sta la cattiva fede del programma, che mira a distruggerti, non alla verità.
Matteo Viviani nel servizio ti chiamava “La giudice ballando con le stelle”…
Questo dà l’idea dell’imparzialità del servizio e dell’onestà intellettuale dell’inviato. Io sono giornalista e incensurata. Lui nessuna delle due, mi risulta: al posto suo volerei un po’ più basso. Eppure lo chiamo inviato nei miei pezzi su di lui. Che poi sia chiaro, io sono felicissima di fare anche intrattenimento puro come Ballando, il problema è l’intrattenimento mascherato da giornalismo come quello delle Iene.
Cosa è successo dopo quel servizio?
Migliaia di insulti per giorni, minacce di morte a me, a mio figlio, gente che mi scrive: “Se ti incontro per strada non sai che ti faccio”, “Spero che tuo figlio finisca impiccato come Igor”. C’è andato di mezzo perfino un giocatore di basket . Ovviamente dopo un servizio così non puoi pensare che il pubblico medio delle Iene, che è in buona parte di minorenni, abbia spirito critico o voglia di leggere cosa avessi scritto. E questo è il metodo Iene: con la narrazione selettiva dei fatti ti faccio credere quello che voglio. Avvaloro un’unica versione dei fatti. L’antitesi del giornalismo. Si chiama verificazionismo, o cherrypicking.
“Lasciate in pace due genitori che hanno perso un figlio”, commentano in molti in merito a questa vicenda…
Li avevo lasciati in pace sei mesi fa, l’esposizione è stata una loro scelta e delle Iene. Detto ciò, è abbastanza buffo che sembri che improvvisamente io sola in Italia mi occupi sporadicamente di cronaca. Ci sono programmi che parlano solo di morti, di omicidi, di suicidi, si passa sopra al dolore di parenti, genitori, figli, si mostrano cadaveri, colpevoli ammanettati, ora il problema sarà un articolo su un episodio dubbio di Blackout Challenge. Non ho mai visto crociate contro giornalisti che si occupano di nera aspettando genitori di Yara o della Scazzi fuori casa giorno e notte, che sfrugugliano nella loro intimità e nelle loro vite. Ci sarebbe da fare programmi di ore sul vero cinismo di certi giornalisti, in primis quello delle Iene che ti inseguono, ti pedinano per giorni, ti assaltano in pubblico, ti fanno appostamenti pure se tu hai deciso legittimamente di non parlare con loro.
1. Mattia Gasparini ha scritto:
8 aprile 2019 alle 15:18