Nessun “colpo a sorpresa”. Nessun funambolismo da goleador. Anzi, l’esatto contrario. Andrea Vianello, tornato in tv per raccontare il calcio come specchio del Paese, lo scorso venerdì 19 ottobre è sceso in campo su Rai3 con un modulo di gioco decisamente tradizionale e pure un po’ datato: quello di una tv in cui la parola domina la scena, sovrastando anche le immagini. Rabona, il nuovo programma condotto dal giornalista, ha avvolto il telespettatore con un racconto scritto nel dettaglio ma appesantito da una fatale e debordante prosopopea.
Su Rai3 il calcio è diventato, in maniera un po’ forzosa, una lente attraverso cui (ri)leggere avvenimenti della società e della storia italiana. Nella prima puntata, lo sguardo del programma è stato rivolto prevalentemente al passato, all’idea romantica e idilliaca di un tempo (probabilmente mai esistito davvero) in cui il calcio aggregava e definiva in modo pittoresco i contorni del vivere comune.
La concomitanza con il derby di Milano, che si è disputato domenica, ha fornito a Vianello un perfetto assist in tal senso. Tutto compiaciuto dalla propria magniloquenza, il conduttore ha declamato il monologo iniziale parlando dei bauscia e dei casciavit (nella tradizione, gli interisti borghesi e la gente della Milano operaia), “figli di un’Italia che non c’è più e che ora stiamo qui, senza sapere bene perché, a rimpiangere“. Nostalgia canaglia, per l’appunto.
Stordito e annoiato dalla girandola di parole, il telespettatore ha poi assistito ad una parte di talk altrettanto verbosa e potenzialmente soporifera vista l’ora della messa in onda, infarcita nuovamente di ricordi, di frasi ad effetto, di romantiche visioni (le immagini di alcuni storici derby, il tributo a Beppe Viola, l’atterraggio di Berlusconi all’Arena del Parco Sempione per il suo Milan) e azzardati accostamenti tra calcio e politica.
“Sono diventato milanista perché tifavo Coppi e quindi ero stanco di vincere” ha affermato Fausto Bertinotti, ospite in studio. L’ex leader di Rifondazione Comunista ha poi parlato del suo tifo per il Milan berlusconiano, mentre Stefano Boeri ha raccontato la propria passione nerazzurra. Rabona ha così provato ad approfondire il calcio tenendosi lontano dai tecnicismi dei classici programmi sportivi: l’effetto, però, non è stato quello desiderato. Interessante invece la parte di trasmissione dedicata a Genova, con un collegamento ed un servizio che hanno offerto un nuovo punto di vista sulla situazione dopo la tragedia del ponte Morandi.
Impegnato a tessere il proprio storytelling e ripiegato sulla retorica di certi passaggi, il programma ha un po’ tralasciato la dimensione più ludica, spensierata e senza pretese del tifo. Il risultato? Deludente: la prima puntata si è fermata ad un misero 2.2% di share.