Siete proprio sicuri che il pubblico che guarda regolarmente le soap o che si dedica alla comprensione delle dinamiche emotive dei people show a carattere sentimentale sia solo un insieme di casalinghe disperate e non troppo istruite? Gli ultimi dati smentiscono questa falsa supposizione e distruggono soprattutto gli stereotipi di genere, portando alla luce un fenomeno che già la psicologia aveva fatto emergere da tempo: il meccanismo di identificazione tanto della ritualità televisiva, quanto della lunga e media serialità, travalica le barriere di età, classe sociale e genere sessuale.
Come leggere altrimenti il dato sorprendente di C’è posta per te, capace con le sue storie di avere uno zoccolo duro di pubblico maschile: un significativo 23,5 % che non ha tradito la De Filippi nemmeno se la contropartita fosse un anticipo succulento di serie A o un match della nazionale di Lippi. Risultato fino a qualche anno fa inimmaginabile, verità profonda che la dice lunga sull’evoluzione della televisione e del pubblico.
Più passa il tempo, infatti, e più padri di famiglia, restii a farsi vedere in lacrimoni per la lettera di turno, cedono regolarmente alla suggestione della cerimonia della busta, esattamente nella stessa misura in cui il pubblico delle soap e delle serie tv diventa sempre più variegato in termini di composizione sociale.
Secondo gli studiosi di sociologia dei media, alla base di tale controtendenza culturale è presente la routine di psicologia popolare attivabile dallo spettatore, principalmente attratto non dalla trama ma dal bisogno di verificare ipotesi personali. E’ come se si avesse l’ebbrezza di possedere l’intimità degli altri senza pagare il prezzo del coinvolgimento nella propria esperienza di vita reale, senza sentirsi dunque responsabili nei loro confronti.
Un piacere che si propagherebbe con la possibilità di commentare le trame dello schermo nelle conversazioni quotidiane della vita in un regime di rete di comunicazione che avendo per protagonisti dei soggetti estranei non comporta limiti nella libertà di giudizio.
Il media tv simula così un senso di familiarità tra estranei e ognuno può misurare in questo gioco la propria potenzialità di soggetto elaboratore di significati. Si partecipa attivamente alla gestione del testo sperimentandosi come costruttori di mondi possibili: un modo dunque per rafforzare la propria identità, a prescindere dalla categoria di genere a cui si appartiene.
1. Francesco ha scritto:
27 novembre 2009 alle 14:44