10
ottobre

Passato e Presente: Paolo Mieli e Che Guevara non fanno la revolución

Passato e Presente

Che Guevara ha fallito. Nemmeno lui è riuscito a rivoluzionare davvero il racconto storico di Rai3, che ieri è tornato in onda nel daytime con un nuovo programma: Passato e Presente, a cura del giornalista Paolo Mieli. Come si evince dal titolo, la trasmissione intende scandagliare la storia per comprendere meglio i nostri giorni, attraverso il contributo di uno studioso autorevole e di alcuni giovani ricercatori. All’esordio, dedicato alla figura di Che Guevara nel cinquantesimo della sua morte, tale obiettivo è stato raggiunto solo in parte.

Nella struttura, il programma ha ricordato alcune precedenti iniziative tv realizzate dallo stesso Mieli per Rai Storia, in cui il giornalista faceva da intermediario tra i vari contributi video ed i documenti d’archivio proposti. Anche in questo caso, la trasmissione ha conservato la propria consistenza contenutistica e culturale, rimasta inalterata. Tuttavia, non abbiamo riscontrato una piena corrispondenza tra i propositi del programma e la sua effettiva resa.

A Passato e Presente, infatti, abbiamo visto più il passato che il presente, rappresentato fisicamente solo dai giovani universitari accomodati in studio. Da questi ultimi, in particolare, ci saremmo aspettati un confronto più vivace e spontaneo con Ernesto Galli Della Loggia (lo storico scelto come ospite della prima puntata), che invece si è limitato a rispondere ad alcune loro domande preconfezionate e ad interagire con il conduttore in tono professorale. Sono inoltre mancati collegamenti espliciti all’attualità o a situazioni presenti che la storia avrebbe potuto aiutare a decifrare.

Interessante la scelta di inaugurare la trasmissione con la figura di Che Guevara, che a cinquant’anni dalla sua scomparsa ancora affascina e suscita dibattiti. Proprio per questo, però, a margine della ricostruzione delle vicende del guerrigliero argentino avremmo apprezzato la presenza di una maggior dialettica o di un proficuo contraddittorio utile ad approfondire una personalità così contesa e discussa come quella del Che.

Galli Della Loggia, ad esempio, ha evidenziato il fallimento di Guevara come ministro ed ha analizzato la sua trasformazione in mito, ma non vi è stato alcun cenno ai metodi violenti, alle decine di esecuzioni sommarie (fucilazioni in particolare) in cui si ritiene che il rivoluzionario argentino sia stato coinvolto. E i “campi di lavoro” per dissidenti coordinati dal Che sono un’invenzione o realtà degna d’essere menzionata? Paradossalmente, al posto di una riflessione su questi controversi aspetti, il programma ha dato voce sul finale al trasporto delle giovani ricercatrici sedute in studio per la stupenda” immagine di Guevara diventata ormai un’icona per t-shirt.

Nessun riferimento poi agli effetti negativi portati a Cuba da quarant’anni di repressione con Fidel Castro (con cui il comandante Guevara ebbe uno stretto legame): questo sì, sarebbe stato un valido collegamento tra Passato e Presente. Una piccola revolución.

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2 Commenti dei lettori »

1. RoXy ha scritto:

10 ottobre 2017 alle 11:19

Ieri la Rai sembrava davvero TeleKabul, anche su Rai Uno a La vita in Diretta Marco Liorni ha fatto una celebrazione del leader dei centri a-sociali dei tossici sinistrati italiani nemici del sapone da far rivoltare lo stomaco. Fortunatamente questi disinformatori hanno i giorni contati, e mi auguro che Salvini provveda a derattizzare la Rai da pennivendoli e lacchè del PD tra i primissimi provvedimenti del suo governo.



2. elena ha scritto:

17 settembre 2018 alle 15:28

Gentile Dott. Mieli
mi chiamo Elena e seguo spesso i suoi programmi.
faccio riferimento alla puntata che raccontava la storia degli Istriani dopo la seconda guerra mondiale (non ricordo il titolo).
Vivo a Bibione, un paese balneare del Veneto a confine con il Friuli Venezia Giulia. L’attività dominante di Bibione è il turismo, a est però c’è un’ ampia zona agricola, divisa da appezzamenti di terra con rispettivi casali. Questa zona è detta “zona degli istriani” e perché?
perché lo stato italiano dopo la Guerra, ai profughi istriani, per ricompensarli delle terre che avevano perso, gli ha riconosciuto terre, mestieri e molto altro.
Sia io (sono del1967) che mio marito abbiamo avuto alle scuole elementari maestre istriane (tra l’altro pessime).
Quindi non è proprio vero che, come raccontavate nel programma, i profughi istriani erano solo vittima di pregiudizi e discriminazioni. Non capisco perché questo non sia stato minimamente detto in trasmissione.



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