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Gianmarco Tognazzi a DM: «A Chopped vedrete gli chef in difficoltà. Con mio padre Ugo mangiai l’ippopotamo alla pizzaiola» – Video

Gianmarco Tognazzi

Chopped: letteralmente, “tagliato fuori”. La versione italiana del talent show culinario di Food Network sarà condotta da Gianmarco Tognazzi. A settembre, l’attore romano e figlio d’arte sarà alla guida della cooking competition che vedrà quattro chef professionisti sfidarsi con ingredienti improbabili e di difficile combinazione. Una giuria composta da Philippe Leveillé, Rosanna Marziale e Misha Sukyas deciderà chi premiare e chi far fuori. “Ci sarà una grande pressione, ma anche divertimento” ha assicurato Tognazzi in questa chiacchierata.

Gianmarco, quali sono gli elementi che differenziano Chopped dagli altri talent culinari che vediamo in tv?

Innanzitutto ogni puntata è auto-conclusiva, nel senso che tra i quattro concorrenti ci sarà un vincitore, che oltretutto riceverà un premio in denaro, e non si passerà ad una fase successiva. Abbiamo una rotazione di chef professionisti che vengono giudicati da super chef, oltre al vincitore ci saranno soprattutto altri tre concorrenti che verranno ‘tagliati fuori’ perché non saranno stati all’altezza o non avranno soddisfatto i requisiti con i loro piatti. C’è una grande pressione, ci sarà serietà ma divertimento, ci sarà rispetto – perché dei professionisti giudicheranno altri professionisti – e ci sarà una serie di elementi nascosti che metteranno a dura prova i concorrenti. Vedere dei professionisti in difficoltà nel dover abbinare elementi diversi credo possa essere una cosa molto interessante.

Puoi farci qualche esempio di questi abbinamenti magari a volte un po’ azzardati?

Alcuni elementi li stanno scegliendo gli chef per mettere in difficoltà i concorrenti. Non necessariamente, ad esempio, saranno tutti elementi adatti a preparare un primo. Quindi troveremo un elemento più specifico per il dolce destinato a preparare un primo e il concorrente per ciascuno dei tre round – primo, secondo e dolce – dovrà avere prontezza di riflessi per inventare immediatamente l’utilizzo di quell’ingrediente e realizzarlo nei venti minuti a disposizione per ogni prova. E questo chiaramente ti mette in tensione. Inoltre, un altro elemento di solito poco considerato è che gli chef sono abituati a lavorare nelle proprie cucine e, per quanto la cucina messa a disposizione sia organizzata, il doversi rapportare con degli spazi diversi da quelli abituali può far perdere secondi preziosi. Saranno gli elementi di prontezza, rapidità, ingegnosità e creatività a mettere sotto grande pressione sia il pubblico che gli chef stessi.

Tra l’altro tu hai una grande tradizione familiare in tema di cucina: tuo padre Ugo si sbizzarriva. Ma è vero che ti ha fatto assaggiare anche l’ippopotamo e la balena?

Ho avuto la fortuna di avere un padre che mi ha fatto assaggiare le cose più bizzarre. Ultimamente, vedendo tanta televisione, vediamo che è diventato commestibile praticamente tutto, però negli anni ‘70 mangiare un ippopotamo alla pizzaiola era un’esperienza abbastanza originale.

Ma oggi sarebbe ancora possibile farlo? Ogni tanto i vegani polemizzano…

Nonostante il rispetto per i vegani e per una filosofia alimentare differente, vedo che si continuano a mangiare parecchie cose bizzarre.

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