Il posto giusto sta nel posto sbagliato. Il programma di Rai3 dedicato al mondo del lavoro andrebbe spedito in un centro per l’impiego (in fasce più adatte del palinsesto). La sua attuale collocazione – ogni domenica alle 13 – appare infatti poco adatta a raggiungere il pubblico di riferimento fatto da giovani e universitari, che a quell’ora difficilmente stanno davanti alla tv. Così, il rischio è che gli spunti offerti e le realtà virtuose documentate non arrivino ai destinatari, come comprovato dagli ascolti bassi registrati.
Gli obiettivi de Il posto giusto sono degni d’attenzione: in collaborazione con il Ministero del Lavoro, il programma intende offrire al suo pubblico le coordinate per orientarsi tra le novità e le opportunità in campo lavorativo. L’approccio all’argomento è intraprendente ed evita quella retorica della disoccupazione che ha trasformato un problema drammaticamente reale in un piagnisteo collettivo. Non sempre, però, la resa televisiva valorizza il prodotto.
Il giornalista Federico Ruffo, che viene dalla premiata ditta di Report, ha capacità di narrazione ma opta per una conduzione didascalica, divulgativa, più adatta ad una seconda (se non terza) serata. In ogni puntata ci sono le testimonianze di chi si è inventato un lavoro e di chi lo sta cercando, i consigli di un esperto, le parole di chi ce l’ha fatta, le dritte di un coach, le news: c’è fin troppa carne al fuoco e i cinquanta minuti di trasmissione si fanno sentire tutti.
I contenuti sono validi, inediti, incoraggianti, ma a renderne faticosa la visione contribuisce un uso spesso incomprensibile della musica. I brani di sottofondo, infatti, accompagnano non solo i servizi dei film-maker ma anche le interviste in studio: non se ne comprende la necessità.
Il posto giusto riesce ad affrontare un tema delicato come quello del lavoro senza ricadere nelle scaramucce inconcludenti tipiche dei talk show. L’impressione, però, è che il programma sia confinato in una collocazione che non gli consente di avere il respiro necessario per attuare quella mission di pubblico servizio a cui dichiaratamente ambisce. Sui social, che sono diventati una nuova risorsa per chi cerca, propone lavoro o scambia consigli, la trasmissione non trova ad esempio alcuna eco.