20
febbraio

I Fantasmi di Portopalo: Beppe Fiorello torna su Rai1 con una nuova miniserie d’impegno civile

I Fantasmi di Portopalo

Ad un anno esatto dalla messa in onda di Io non mi arrendo, miniserie ispirata alla vita del poliziotto della Criminalpol Roberto Mancini, morto per un linfoma non-Hodgkin a seguito delle indagini sul traffico di rifiuti tossici in quella che verrà ribattezzata in seguito Terra dei fuochi, Beppe Fiorello torna su Rai1 con una nuova fiction di stampo civile, destinata con ogni probabilità a raccogliere grandi consensi. Questa sera e domani, in prima serata, l’attore siciliano sarà il protagonista de I Fantasmi di Portopalo, una miniserie che riaccende i riflettori su uno dei più grandi naufragi della nostra storia recente avvenuto nel Mediterraneo: quello del giorno di Natale del 1996. Una tragedia che ha visto inabissare una carretta del mare stipata di migranti al largo di Portopalo. Una vicenda dai pesanti risvolti umani rimasta taciuta per molto tempo e riemersa solo grazie alla denuncia di uomini che con il loro coraggio hanno voluto restituire la dignità dovuta a tutte quelle vittime rimaste senza nome e senza tomba.

I Fantasmi di Portopalo – Foto

La fiction prodotta da Picomedia, in collaborazione con Rai Fiction e Iblafilm, con la regia di Alessandro Angelini, è liberamente tratta dall’omonimo libro di Giovanni Maria Bellu. Nel cast, al fianco di Beppe Fiorello, Giuseppe Battiston, Roberta Caronia e Adriano Chiaramida. Fiorello, che firma il soggetto con Paolo Logli e Alessandro Pondi, e la sceneggiatura insieme a Salvatore Basile e Alessandro Angelini, ha dichiarato di aver lavorato a lungo e con passione al progetto:

“Per anni ho inseguito questa storia, per anni mi sono posto l’obiettivo di far conoscere al pubblico questa storia sepolta in fondo al mare e dimenticata per troppo tempo dalle istituzioni”.

I Fantasmi di Portopalo – Trama e anticipazioni prima puntata

Portopalo è un paesino di meno di 4000 abitanti che sorge sulla punta meridionale della Sicilia, a pochi chilometri da Capo Passero, il punto più a sud dell’Italia continentale. Il paese è stretto attorno al suo porto, che ospita una delle flotte di pescherecci più importanti della Sicilia. Nel mare più prossimo alle coste di Portopalo, alla metà degli anni novanta, è accaduta una tragedia enorme, uno dei più grandi naufragi della storia del Mediterraneo dalla fine della seconda guerra mondiale, il primo di una lunga serie di disastri marittimi che ancora oggi interessano le coste italiane. In questo scenario prende vita la vicenda del film, liberamente ispirato a quei tragici giorni.

Il giorno della vigilia di Natale 1996 il pescatore Saro Ferro salva un naufrago al rientro da una battuta di pesca nel mare in tempesta. È un adolescente dai tratti indiani che non ricorda nulla di sé, né come si chiama, né da dove arriva e neppure com’è finito in acqua. Nei giorni successivi, altri pescatori e lo stesso Saro pescano cadaveri in mare. È successo qualcosa di grosso nel Canale di Sicilia, qualcosa di cui ancora né i giornali né le Istituzioni sono al corrente. Ma chi dovrebbe metterli in allerta? L’avvio di qualsiasi indagine causerebbe la chiusura dello spazio di pesca per un tempo indeterminato e le famiglie dei pescatori vivono solo di questo. Che fare, allora, di quei cadaveri?

Quando inizia il racconto, la comunità di Portopalo è unita e solidale e sta vivendo un periodo molto florido. Ci sono i personaggi tipici di un paesino del sud: il notabile, Don Gaetano Salemi, patriarca di una famiglia che da generazioni occupa tutti i posti di potere, tanto che i suoi figli sono diventati uno sindaco e l’altro presidente del consorzio di pesca, c’è il parroco che incarna il versante un po’ chiuso e gretto della mentalità paesana, c’è infine un gruppo di pescatori ben amalgamato e compartecipe della dura legge del mare.

Saranno loro ad allearsi e a condividere un ingombrante segreto per mantenere intatta la quiete di questo piccolo paese. Tra di loro, Saro Ferro subisce con forza maggiore questa decisione, che sarà il motore di una grande storia civica di coraggio e verità. Passano cinque anni, e la notizia non è mai trapelata. È rimasta un segreto dei pescatori, che non ne hanno mai più parlato, nemmeno tra loro. Ma per Saro è diverso. In quei cinque anni si è preso cura di quel ragazzo indiano che è stato ribattezzato Fortunato, e che lavora al molo.  Un giorno le reti della barca di Saro s’incagliano, tirando su un pezzo di albero di una nave e degli indumenti nei quali c’è una carta d’identità. Appena Fortunato lo vede è come se quel documento squarciasse un velo nella sua immobilità, lo ricollegasse ad un passato che gli fa paura. Saro fa di tutto per farlo parlare, ma il ragazzo si rifiuta.

Il pescatore consegna tutto alla Capitaneria di Porto, probabilmente si tratta di resti del naufragio di cinque anni prima, ma capisce che di quella faccenda i militari non hanno memoria e lo sconsigliano di preoccuparsene. In occasione di un viaggio a Roma, Saro riesce ad entrare in contatto con un giornalista de La Repubblica, Giacomo Sanna: c’è un relitto fantasma sul fondo del Canale di Sicilia a diciannove miglia dalle coste di Portopalo. Su quella nave sono morte quasi 300 persone. È certo di quel che dice ed è convinto di sapere dove si trova il relitto. Ma Saro non trova un’accoglienza entusiastica in Sanna: per lui il pescatore potrebbe essere un mitomane e prima di credergli vuole verificare personalmente tutta la storia. Sanna parte dunque per Portopalo, dove si convince fino in fondo che Saro è in buonafede e poi, spacciandosi per un giornalista che si occupa di turismo, indaga sulla storia che gli ha raccontato Saro, scoprendo un mondo di reticenze. Quando Sanna viene minacciato da un losco individuo del posto, capisce che la storia è vera e decide di scrivere il suo pezzo, ma sceglie di omettere il nome del suo principale testimone, Saro. Nonostante ciò, quando esce l’articolo, i portopalesi ci mettono un attimo a capire chi ha parlato, infrangendo il sottaciuto patto di silenzio.

Improvvisamente la comunità cambia atteggiamento nei confronti di Saro e della sua famiglia. I Ferro vengono emarginati, e né i Salemi né il parroco si distinguono, mettendo il carico all’ostilità generale. Una notte, qualcuno molla al largo il peschereccio di Saro, che è la loro fonte di sostentamento e per il quale hanno sulle spalle un mutuo pesantissimo. Se affondasse sarebbe la fine, e Saro, aiutato solo da Fortunato, affronta la tempesta a bordo di un gommone nell’intenzione disperata di ritrovare la barca.

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1 Commento dei lettori »

1. Fra X ha scritto:

20 febbraio 2017 alle 22:00

20 anni! E nel frattempo i morti sono aumentati! Che schifo!



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