Enrico Mentana — non c’è da meravigliarsi — si è largamente occupato della tragedia di Rigopiano, dove un albergo e una trentina di ospiti sono stati sommersi dalla neve a causa della valanga che il 18 gennaio ha drammaticamente illustrato quanto potesse essere catastrofica la combinazione fra l’abbassamento vertiginoso delle temperature degli ultimi giorni e le continue scosse di terremoto che da mesi lacerano il Centro Italia.
Il direttore del telegiornale di La7 ha seguito i salvataggi dei superstiti come il ritrovamento di chi non ce l’ha fatta, cercando di offrire ai propri spettatori una cronaca puntuale, dettagliata ma rispettosa. In collegamento con la sua inviata che si trova al centro operativo allestito poco lontano dal luogo esatto della tragedia, Mentana ha specificato che alla stampa è stato detto di rimanere lì per non intralciare il lavoro dei soccorritori e ha spiegato perché, in ogni caso, in queste ore di apprensione, di speranza e per qualcuno oramai di disperazione, non si sarebbe spinto fino all’albergo sommerso:
Voglio aggiungere un’altra cosa, non saremmo lassù dove comunque è impossibile essere perché un conto è documentare come hanno fatto i vigili del fuoco con le loro telecamere un momento felice, un conto è stare ad attenderlo…
Chi è meno giovane ha vissuto quello che accadde a Vermicino, che ha vaccinato tutta l’informazione al rischio di fare il salvataggio in diretta.
Noi speriamo tantissimo di avere buone notizie lungo tutto l’arco della giornata e delle prossime, ma appunto vogliamo avere buone notizie, non documentare in diretta i tentativi di salvataggio. Tanto per essere chiari.
Mentana ha, ancora una volta, fatto una precisa dichiarazione sul suo modo di fare informazione, e ha richiamato alla memoria un celebre caso di cronaca italiana che, data l’altezza cronologica (1981), non tutti ricordano o conoscono. Nel cosiddetto “Incidente di Vermicino” perse la vita a sei anni Alfredo Rampi caduto in un pozzo artesiano in una località che si trova lungo la via di Vermicino che collega Roma con Frascati. Per tre giorni i soccorritori tentarono senza sosta ma invano di salvare il bambino e la Rai seguì le operazioni con una diretta televisiva no-stop e quasi a reti unificate (coprendo per intero le ultime 18 ore). Piero Badaloni, che all’epoca presidiava lo studio del Tg1, lo definì un “reality show terrificante”.
In effetti la facilità d’accesso alla zona del pozzo, l’età del protagonista della vicenda (“Alfredino” chiamava la madre, chiedeva aiuto e piangeva disperato), una copertura mediatica che non aveva precedenti e soprattutto il coinvolgimento dell’opinione pubblica (con picchi di 21 milioni di telespettatori) fecero dell’Incidente di Vermicino un passaggio chiave dell’informazione italiana, un punto di svolta e non ritorno per il giornalismo televisivo. Prima non c’era l’abitudine di offrire delle dirette “in esterna” (non c’erano le tecnologie di oggi), i giornalisti poi non amavano particolarmente (per pudore o etica) insistere sui fatti di cronaca, ma il capo dei Vigili del Fuoco dichiarò in quell’occasione che il caso si sarebbe risolto in poco tempo e così, accesa l’attenzione, la situazione sfuggì di mano. E se si pensa che proprio in quella circostanza fu coniata l’espressione “tv del dolore” allora sarà agile comprendere perché Enrico Mentana voglia in tutti i modi evitare di fare di Rigopiano la nuova Vermicino.
1. Srich ha scritto:
23 gennaio 2017 alle 13:28