Impossibile restare distaccati di fronte alle storie di Sono Innocente. Perché gli occhi di chi è finito in carcere per errore sono magnetici: raccontano un dramma kafkiano, incredibile a credersi. Ma consumatosi per davvero. Rai3 ha scelto di presentare le vicende di chi ha pagato per colpe mai commesse, proponendo un programma dal forte impatto contenutistico ed emotivo. Una ‘batosta’ necessaria e coraggiosa, rifilata dal conduttore Alberto Matano con toni rispettosi e privi di sensazionalismo.
Sono Innocente ripercorre le storie di persone accusate ingiustamente e sbattute, per errore, in carcere. La ricostruzione delle vicende avviene con degli stralci di docu fiction, alternati alle testimonianze dei protagonisti stessi. I loro volti, feriti dal tritacarne della malagiustizia, diventano un emblema, un simbolo che impone serie riflessioni. L’operazione è particolarmente potente: l’immedesimazione del telespettatore, del resto, è immediata e spontanea, dal momento che le inaudite sviste raccontate hanno colpito persone comuni.
In studio, Alberto Matano dialoga con i protagonisti ed i loro parenti più stretti e lo fa con una delicatezza apprezzabile, con uno stile asciutto che lascia trasparire le emozioni degli intervistati ma non indugia su dettagli sensazionalistici. Le storie sono così forti da non richiedere particolari artifici per la resa televisiva: Diego Olivieri, al centro della prima puntata, si è visto accusato da un giorno all’altro di traffico di droga e associazione mafiosa. Un’imputazione rivelatasi infondata, che lo ha portato a vivere per un anno nelle sezioni più dure delle carceri. Toccante la sua testimonianza, così come quella di Maria Andò, accusata per errore di rapina e tentato omicidio.
Due storie incredibili, eppure accadute davvero. Il racconto televisivo è agile, ma non superficiale: lo spettatore vive con un certo pathos le varie fasi della vicenda, quasi si commuove per la riaffermazione della verità in favore dei poveri malcapitati. Con Sono Innocente, a Rai3 va dato il merito di aver acceso i riflettori su una tematica – quella degli errori giudiziari – di cui in tv si parla poco e in modo spesso ideologico. In questo caso, invece, le vicende e i volti di chi ha pagato ingiustamente lasciano spazio alla riflessione del telespettatore e puntano l’attenzione su un aspetto cruciale: il dramma umano inflitto a persone innocenti. I giorni di libertà negata che nessuno potrà restituire.
Ambiziosa la scelta di proporre il programma nel prime time del sabato, anche se forse la seconda serata avrebbe conferito ulteriore efficacia all’affermazione del prodotto. A Sono Innocente manca forse l’afflato della speranza: di fronte agli errori giudiziari raccontati si rimane quasi inermi, spaventati dalla disinvoltura impunita con cui certe irregolarità vengono commesse. Chi risponderà per quei procurati drammi?
La risposta, va però precisato, non spetta ad una trasmissione televisiva, che oltre alla denuncia non può fare. Fornire soluzioni è compito della politica.
1. Michele ha scritto:
8 gennaio 2017 alle 13:59