8
novembre

I MIGLIORI (D)ANNI: 10 COSE SU “DIECI COSE”

Federico Russo e Flavio Insinna

Fine dei giochi. Dopo quattro sofferte puntate si è finalmente concluso Dieci Cose, lo show di Rai 1 che avrebbe dovuto rinnovare il sabato sera dell’ammiraglia della tv pubblica. Purtroppo è andata com’è andata (malissimo) e ci si è ritrovati in balia di un tonfo colossale. Dati alla mano, il programma ha collezionato una media dell’11,5% di share, letteralmente doppiato dal concorrente Tu Si Que Vales su Canale 5. Mentre cala il sipario su questa pagina nera dell’intrattenimento “formato famiglia” di Rai1, raccogliendo l’invito dei due presentatori (Federico Russo e Flavio Insinna) a scrivere le proprie dieci cose, ecco a voi una lista in dieci punti a commento del programma.

1. La politica fa un altro mestiere. Ok dare credito alle idee di un ex-sindaco navigato come Walter Veltroni, ideatore della trasmissione, ma il format si è subito rivelato debole e inadatto ad una prima serata. Ecco quando non basta una buona dose di sensibilità culturale per improvvisarsi autori in tv. A ciascuno il suo.

2. Soldi, troppi soldi. Si parla di un milione di euro a puntata, cifra che di per sè non sarebbe spropositata per uno sfarzoso show di prime time. Il problema è che Dieci Cose di sfarzoso non aveva proprio nulla. Per la verità, aveva poco anche di un modesto programma di prima serata.

3. L’idea, peraltro già proposta nel recente passato, è sicuramente valida. Peccato che sia stata sviluppata al pari di una lista della spesa.

4. I due conduttori viaggiano su due binari separati. Il sodalizio, già testato all’Eurovision Song Contest, avrebbe dovuto far desistere dalla riproposizione della coppia. Mancano l’appeal, l’affiatamento e la “giusta misura” per una rete piuttosto esigente, in una complicatissima fascia oraria.

5. Gli ospiti principali sono quello che sono. Si è partiti con il piede sbagliato e a nulla sono valsi i tentativi di raddrizzare il tiro. Aprire con Alessandro Cattelan e chiudere con Rita Pavone, la dice, del resto lunga. Grande innovazione.

6. Il tavolo, per fortuna declassato a mero “porta-cimeli” già dalla seconda puntata, in quanto ha da subito reso tutto troppo statico allontanando quell’indispensabile sapore di varietà. Fa “più spettacolo” il tavolo di Politics.

7. L’effetto nostalgia, che può riuscir bene a patto che non si trasformi in un mercato dell’antiquariato, qui aveva il gusto di un’edizione rifatta male de I Migliori Anni. I Migliori (d)anni.

8. Gli ospiti “a rinforzo”: i volti di punta di Rai 1 o le solite vecchie glorie della canzone italiana non aggiungono e non tolgono niente. Anzi, qualcosa l’hanno aggiunta: quel velo di tristezza insito nel palese dietrofront di un programma che si proponeva di essere innovativo ma che di innovativo non ha avuto nulla.

9. Le modifiche in corsa, in genere potenzialmente utili a costruire nuove dinamiche e magari a dare una scossa all’intero assetto del programma, in questo caso non hanno funzionato. Dei siparietti pseduo-musicali con Frizzi e Mentana avremmo fatto volentieri a meno. Il problema è alla base e sta nell’autorato e nella sostanziale assenza di contenuti e di idee.

10. Gli ascolti, disastrosi. In passato un programma con tali risultati sarebbe stato chiuso all’istante o quanto meno accorciato e, invece, si è deciso di dare fiducia al progetto in virtù di una mission sperimentale smentita dal prodotto stesso.

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3 Commenti dei lettori »

1. Ale ha scritto:

8 novembre 2016 alle 20:53

È una copia brutta e oscena della famosa Serata d’onore degli anni ‘80 targata Baudo solo che erano altri tempi



2. Luca ha scritto:

9 novembre 2016 alle 08:16

Un programma che è servito solo a riempire il portafogli degli amici di Renzi
Che schifo



3. ZACHARY2002 ha scritto:

9 novembre 2016 alle 19:58

Programma a dir poco orrendo



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