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ottobre

WESTWORLD: UN UNIVERSO SERIALE INCREDIBILMENTE DETTAGLIATO E BEN CONFEZIONATO

Westworld

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Minuziosa, imprevedibile, intricata. Sono queste le prime impressioni che balzano in mente alla fine del primo episodio di Westworld, in onda ieri su Sky Atlantic, in contemporanea con gli Stati Uniti.

Che in casa HBO si trovasse particolarmente allettante l’idea di catapultare lo spettatore in nuovi mondi narrativi, lo si era già ben compreso dalla cura maniacale dedicata alla produzione de Il Trono di Spade. Ora, però, ne arriva una conferma ancora più forte. La rete via cavo statunitense ha infatti affidato all’esperienza di Jonathan Nolan e Lisa Joy la costruzione di un universo seriale incredibilmente dettagliato e dalla scrittura stratificata, capace così di smorzare ogni tentativo di previsione degli eventi.

Ecco quindi che la puntata pilota di una delle serie più attese di questo autunno ci costringe fin da subito a prestare attenzione a ogni minimo particolare, poiché molto viene lasciato alla forza eloquente delle immagini. Nei 65 minuti di cui si compone, l’intero arco del racconto è dedicato alla presentazione di Westworld, il resort di lusso a tema Far West popolato da androidi, dove facoltosi clienti possono regalarsi vacanze avventurose in cui tutto è concesso. Già nei primi istanti, si assiste alla contrapposizione visiva tra questo movimentato scenario e l’asettica sede operativa, da cui le intelligenze artificiali del parco e le loro storie vengono programmate e controllate. In termini estetici, niente viene pertanto lasciato al caso, facendo emergere pienamente il paradossale accostamento di due generi opposti, come il western e la fantascienza.

Più complicato, invece, distinguere a primo impatto umani e robot, senza considerare la fatica nel tenere conto di un numero piuttosto elevato di personaggi, ognuno con la propria storia. La qualità recitativa degli interpreti giunge però in soccorso del pubblico. L’accento è infatti volutamente posto sulla forza dell’espressività e basta poco per comprendere quanto il grande capo Robert Ford (Anthony Hopkins) sia inflessibile nella gestione delle sue creature, mentre l’androide Dolores (Evan Rachel Wood) inizi a distaccarsi dal suo essere macchina per acquisire coscienza di sé e dei propri sentimenti.

Un’evoluzione, quest’ultima, che viene sviluppata attraverso la ripetizione continua della medesima sequenza, resa progressivamente differente dal variare di minuscoli dettagli. Lo scorrere dell’episodio non viene tuttavia minimamente intaccato da questo espediente: un’ora passa veloce, per quanto il ritmo sia ancora tutto sommato lento (anche se non ci aspettiamo di certo che rimanga tale nei prossimi capitoli), a patto però che si segua il corso degli eventi con attenzione.

Compito in principio difficile, vista l’enorme quantità di elementi che questa premiere presenta. Ma non allarmatevi. Si tratta pur sempre di un mondo lontano dalla nostra idea di reale e dai livelli narrativi multipli, a cui tuttavia ci si abitua in fretta. Inoltre, la scelta di raccontare il succedersi degli avvenimenti dal punto di vista degli host (ovvero gli “ospitanti”) facilita senza dubbio il coinvolgimento dello spettatore, per quanto assurda possa sembrare la possibilità di entrare in connessione con le emozioni di un robot.

Da una simile ricchezza di elementi, le premesse poste da Westworld, per ora, non possono che essere positive. Per farsene un’idea migliore, però, è necessario aspettare gli sviluppi dei prossimi nove episodi, soprattutto per capire come tanta complessità possa essere gestita e resa commestibile. Di certo, nel caso il successo preannunciato trovasse conferma, HBO avrebbe trovato un valido modo per attutire lo smarrimento del pubblico, nel traghettare Il Trono di Spade verso la sua fine.

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