Nel nuovo palinsesto di Rai4 c’è un programmino alquanto gradevole. Si tratta di Generation gap, un esperimento sociale che mette a confronto vecchie e nuove generazioni, attraverso l’utilizzo di oggetti cult che hanno caratterizzato le diverse epoche. Ci sono il nonno alle prese con lo smartphone e il nativo digitale che scopre la macchina da scrivere, oppure l’over 60 impegnato a capire cosa siano i selfie. La produzione (low cost) targata Toro Media è ben confezionata ed ha uno stile leggero, che gioca sulle differenze anagrafiche ma non scivola sullo scontro generazionale.
In epoca di rottamazione (non solo politica, s’intende), il racconto di Generation gap non pecca di giovanilismo (rischio sempre presente per una rete che intende catturare il pubblico giovane) ma nemmeno celebra con nostalgia i tempi e le abitudini che furono. La particolarità del confronto, piuttosto, è data dalle differenti e spesso buffe reazioni che i protagonisti hanno di fronte ad oggetti di cui ignorano le funzionalità.
Lo stupore del settantenne che indossa gli auricolari di un mp3 è speculare a quello del ragazzino che scopre il sapore della mela cotta, pietanza ormai sparita dalle tavole (o quasi). Divertimento e imbarazzo per giovani e anziani alle prese coi sex toys. Certo, alcuni esperimenti sono meno coinvolgenti di altri ma la curiosità viene mantenuta grazie alla riconoscibilità dei protagonisti, alcuni dei quali sono vere e proprie sagome. Come l’arzillo 83enne Mario, la coetanea Rosina a colloquio con l’assistente vocale Siri (“mi dia un ristorante dove si mangi la capra alla cacciatora“!) o la graziosa Giada, ventenne.
Interessante la scelta di intervallare le varie clip con delle schede ‘didascaliche’ che contengono curiosità o notizie sugli oggetti cult selezionati. Quello che invece ha danneggiato il programma, oltre al fatto di ritrovarsi nel mezzo della rivoluzione di Rai4, è una promozione sottotono, motivo per cui anche sui social non ritroviamo particolari reazioni alla messa in onda.
Inoltre, su RaiPlay le puntate integrali iniziano ad essere caricate solo ora, quindi con un certo ritardo rispetto alla messa in onda. Più che un generation gap, un digital gap.