5
febbraio

CHIEDI A PAPA’: LE FAMIGLIE PROTAGONISTE UN PO’ PER GIOCO ED UN PO’ PER DAVVERO

Chiedi a Papà

Nella seconda serata del venerdì di Rai3 va in onda da circa un mese il programma Chiedi a Papà, nato da una collaborazione tra lo sceneggiatore Ivan Cotroneo ed il blogger Francesco Uccello (qui maggiori info). Il docureality, composto da 10 puntate di 45 minuti l’una, mostra la vita quotidiana di 2 famiglie che per 5 giorni se la devono cavare senza la figura materna. Mentre le mamme si prendono una pausa e trascorrono del tempo in un resort a 5 stelle, infatti, i figli ed i papà restano in città a fare i conti con il trambusto della solita routine.

Per quanto lo show abbia alcuni tratti distintivi che consentono alle puntate di riallacciarsi tra loro con fluidità, ogni episodio è un mondo a sé stante e cammina in totale autonomia. In ogni puntata, difatti, le due famiglie protagoniste monopolizzano la direzione del racconto sin dalla sigla, con le proprie dinamiche relazionali, il proprio stile di vita e perfino il tono delle proprie case, proponendo la propria unicità in modo lampante ed attraente. Lo show dal canto suo amplifica solo i punti di vista di cui queste famiglie si fanno inconsapevolmente portatrici, lasciando poi lo spettatore puntualmente teso a metà strada tra l’identificazione ed il distacco da tali opinioni. Nella docufiction di Rai3 trova spazio una mescolanza di riflessioni alte e basse, profonde e leggere. Proprio in questa capacità di assemblare l’alto ed il basso, le feste per i bambini con le riflessioni sulla genitorialità, lo stress del lavoro con i giochi spensierati al parco ed i naturali intoppi della quotidianità con le faccende di casa, emerge lo stile specifico di Chiedi a Papà, uno stile in parte ereditato dal mondo dei mummy e daddy blog. La narrazione, per di più, congiunge famiglie del nord con quelle del sud, quelle tradizionali con quelle allargate, sottolineandone più le affinità che le differenze, col chiaro intento di fotografare una generazione: quella delle giovani famiglie.

Il merito del programma è la capacità di cogliere la vita familiare nel suo scorrere, con i suoi intoppi e le sue conquiste, lontana dalla superficiale perfezione mostrata nelle pubblicità ma altrettanto distante anche dalla visione catastrofica ed altamente pedagogica dei programmi con le tate. A dare senso e ritmo al racconto c’è inoltre il gioco, con le sue regole e le sue sfide. La vacanza delle madri, senza cellulari nè contatti d’altro genere con la famiglia, le missioni affidate a padri e figli e la lontananza tra loro non solo dà senso e struttura alla puntata ma permette ai protagonisti di presentarsi, lasciando naturalmente emergere la propria personalità.

In definitiva Chiedi a Papà è un prodotto che, pur non brillando per innovazione, offre uno squarcio di contemporaneità puntando su un racconto semplice; peccato per una grande zavorra: la collocazione. Viene infatti spontaneo chiedersi perché un programma familiare, vitale e da fascia super protetta come Chiedi a Papà vada in onda nella seconda serata del venerdì e per di più su Rai3?

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CHIEDI A PAPA’: RAI3 RACCONTA LA FAMIGLIA ITALIANA CON UN DOCUREALITY

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