La terza stagione di Boss in incognito è ufficialmente partita. La prima puntata, che vedeva come protagonista il boss Paolo Aruta, si è rivelata snella e scorrevole, sebbene ingabbiata in uno schema eccessivamente statico, che al terzo giro di giostra si manifesta in tutta la sua forzatura. Boss in incognito mantiene con forza il suo stile, ed anche i grandi cambiamenti annunciati finiscono per sembrare solo piccole modifiche, a partire dalla nuova conduzione di Flavio Insinna.
Il “boss dei pacchi” si presenta al pubblico di Rai2 con un look da impiegato e per tutto lo svolgimento della puntata compie un lavoro attoriale in sottrazione, alleggerendo il tono della voce e smorzando la carica espressiva delle sue parole. Insinna si è portato a casa un ruolo da narratore, una voice fuori campo che non dà e non toglie personalità allo show, ma lo accompagna con leggerezza. Certamente la conduzione dell’attore romano toglie quel tocco di modernità che la conduzione di Costantino della Gherardesca (molto più presente in scena mentre Insinna si è visto pochissimo) era in grado di garantire, ma i due contributi sono talmente diversi da ottenere due impatti imparagonabili.
La puntata nel complesso si fa portatrice di un genere televisivo sempre poco frequentato dalla tv nostrana, quel genere che racconta delle storie umane senza scadere nella celebrazione effimera di queste e sacrifica la spontaneità della diretta in nome di una post-produzione che cura tanto i contenuti, quanto l’involucro. Lo show mostra infatti delle grafiche estremamente curate, che si sovrappongono alle immagini ed alle voci fuori campo in modo tanto preciso da contribuire a scandire il ritmo. Anche le scelte musicali non paiono casuali, le sonorità selezionate fanno da contrappeso ai toni del racconto e contribuiscono a non raggiungere un’overdose di tensione.
Bilancio positivo per Paolo Aruta, il primo boss della terza stagione, che si è saputo mettere in gioco al punto giusto ed ha dato vita ad una puntata dall’alto tasso di “napolenità“; abbandonati gli abiti eleganti ed i capelli lunghi, Aruta si è calato in quelli di cuoco, cameriere e pizzaiolo, incontrando qualche difficoltà, ma mantenendo quella spontanea espressività televisiva.
In conclusione si può dire che Boss in incognito è tornato ad abbellire il panorama di Rai2, confermandosi tanto nei punti forti, quanto in quelli deboli. Se lo spazio dedicato alle storie personali dei lavoratori appare naturale e rispettoso, lo stesso non si può dire per le dinamiche che danno forma alla puntata. Soprattutto sul finale, il lieto fine garantito impantana il gioco in meccanismi eccessivamente strutturati e toglie autenticità ad uno show che ha molti assi nella manica.
1. Francesco ha scritto:
22 dicembre 2015 alle 12:21