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settembre

BALLARO’: GIANNINI CAMBIA LO STUDIO E LA REGIA. MA NON BASTA. INCONCLUDENTE MONOLOGO DI BRIGNANO

Ballarò, Massimo Giannini Enrico Brignano

Quest’anno Ballarò non poteva contare sull’effetto sorpresa dovuto al cambio di conduttore. Così, per dare al proprio pubblico una parvenza di novità, la trasmissione si è ripresentata con uno studio inedito, più spazioso e costruito su pianta circolare, come un’arena. Molto bello, per carità, ma non sufficiente a ravvivare il verboso programma della terza rete. Al là del restyling scenografico – che ha però conservato le vecchie poltrone di cartone – il talk show condotto da Massimo Giannini ha mantenuto le proprie caratteristiche di sempre. Compresi i difetti.

E pensare che, nei primi minuti della nuova stagione, ci eravamo illusi che l’annunciato intervento di Enrico Brignano potesse accendere le polveri. Non è stato così: il popolare attore romano ha messo in scena un pippone sulla decadenza della Capitale che – al di là di alcuni brillanti passaggi – ci è parso tanto fragoroso quanto inconcludente. Il comico, divenuto ormai oratore civile, ha sparato alla cieca sulla classe dirigente capitolina e, come prevedibile, ha rimediato una standing ovation.

Dopo l’omelia satirica, vai col dibattito. Anche quest’anno, la trasmissione ha ospitato un confronto molto impostato, in cui i politici si sentono pienamente a loro agio, tra consimili. A Ballarò, infatti, presenziano esponenti di ogni schieramento, giornalisti, sondaggisti e persino alti prelati ma difficilmente irrompono le istanze popolari, se non attraverso reportage e grafici. Una scelta editoriale del tutto legittima, che tuttavia porta con sé anche qualche rischio: dopo quasi tre ore di trasmissione trascorse ad ascoltare le ricette e le supercazzole dei politici (peraltro già sentite anche in altri talk show), il telespettatore è stremato.

E a rinvigorirlo non ci pensa nemmeno Giannini, il quale possiede uno stile garbato, mai rissoso, professionale. Ma carente di identità. Dopo un anno di militanza su Rai3, l’ex vicedirettore di Repubblica non ha lasciato il segno e non è riuscito ad imprimere un carattere specifico alla trasmissione. Un limite sul quale si dovrà necessariamente lavorare, anche in vista della sfida con diMartedì (a partire da settimana prossima). Da segnalare, infine, la nuova regia affidata all’abilità di Paolo Beldì: questa sì piuttosto riconoscibile, anche se – forse – solo i più attenti l’avranno colta.

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