Andiamo al dunque. Al motivo per cui sentiamo il bisogno di vergare qualche considerazione sul ritorno in tv di Quarto Grado, il programma di Rete4 condotto da Gianluigi Nuzzi e Alessandra Viero. In occasione del suo debutto stagionale, ieri sera il settimanale noir di Videonews si è ripresentato al pubblico con alcune novità che ci hanno positivamente incuriositi e che a nostro avviso hanno arricchito il racconto popolare e seriale di cui la trasmissione si è fatta interprete.
Il programma, infatti, ormai non è più un semplice magazine ma è diventato la fonte di una narrazione riconoscibile che parte dai principali casi di cronaca e arriva direttamente nelle case dei telespettatori. Persino nella loro quotidianità. E’ proprio in tale prospettiva che valutiamo la campagna di sensibilizzazione #baciachiami, lanciata ieri dai conduttori, ma anche l’idea di istituire un “centralone” (omaggio al grande Enzo Tortora?) cui gli spettatori possono telefonare per interloquire direttamente con gli esperti. Tra questi, ieri il barbuto Meluzzi è stato il più richiesto: ad un tratto, pareva l’impiegato di un call center.
In realtà non sappiamo se quest’ultima iniziativa avrà un’effettiva utilità o se le sue potenzialità verranno sfruttate appieno; per ora, ci limitiamo ad apprezzare il tentativo di rendere ancor più interattiva la diretta e di ridurre la distanza col pubblico, al di là delle inflazionate comunicazioni via social (ormai non c’è programma che non inviti a twittare, anche se spesso ciò non aggiunge nulla alle trasmissioni). Altro aspetto da segnalare riguarda i servizi degli inviati, nei quali abbiamo ravvisato un taglio ancor più investigativo e una tendenza ricercare fatti, notizie: il giornalista Simone Toscano, ad esempio, si è calato in un canale per scovare tracce del piccolo Lorys Stival con tanto di scafandro e di telecamerina subacquea.
A Quarto Grado se le inventano tutte, avrà pensato qualcuno. E’ così: del resto, la narrazione popolare ha bisogno anche di questo. Di qualcuno che perlustri il luogo del delitto, lo inquadri, lo rappresenti. E poi c’è il dibattito in studio, nel quale il ruolo del conduttore è più volte risultato decisivo affinché si evitassero giudizi affrettati o contrapposizioni tra innocentisti e colpevolisti, ossia un processo televisivo. Un rischio, questo, che è sempre dietro l’angolo quando le voci in scena sono tante e gli argomenti scottanti, anche per una trasmissione che ormai è una garanzia.
1. silvia ha scritto:
6 settembre 2015 alle 07:25