- Terapeuta: Buongiorno, benvenuto.
- Paziente: Buongiorno a lei Dottoressa.
- T: Lei è?
- P:Sono il Tg1.
- T: Ahh, non l’avevo riconosciuta. Bene, mi dica, perché è qui?
- P: Ecco, l’ha detto lei! Sono qui perché mi sono perso, ho come l’impressione di essere invisibile.
- T: Cosa intende con “invisibile”?
- P: Vede, un tempo io ero il TgUno ed avevo una redazione di grandi giornalisti. Un tempo io ero il telegiornale più credibile del Paese, si può dire che io fossi IL TG, il signor telegiornale!
- T: Ed ora non si sente più così?
- P: No, ora noi tg siamo tutti uguali!
- T: Tutti?
- P: Sì! Televisivamente parlando intendo. Ovviamente ogni tg ha un suo taglio editoriale ed un suo colore nelle grafiche e nella scenografia, ma siamo tutti troppo simili. Il ritmo è il medesimo: conduttore in studio -servizio – conduttore in studio – servizio… I nostri servizi hanno tutti la stessa forma, sono montati in studio con immagini realizzate da cameramen professionisti in esterna, hanno una voce narrante fuori campo pulita ed impostata e non durano che qualche manciata di secondi. Ora non sono che un tg nel mare magnum dei tg. Uno qualunque, uno con giornalisti che mi conducono nel medesimo modo in cui altri giornalisti conducono altri tg: seduti, eleganti e freddi.
- T: Crede che il problema siano i suoi conduttori?
- P: Non direttamente. Loro sono ottimi giornalisti, ma sono formali e glaciali, con lo sguardo sempre accigliato e i sorrisi di cortesia. Non c’è umanità nel loro modo di dare le notizie, sono prigionieri di un giornalismo che eguaglia la freddezza alla professionalità, il distacco al rigore e l’eleganza alla cortesia. Appaiono tutti uguali, nessuno lascia trasparire la propria personalità, anche solo per qualche attimo fugace.
- T: Quindi crede che il problema siano i conduttori?
- P: No, non solo perlomeno. La parte tecnica non è certo migliore! Intendo dire che anche la regia, la fotografia e la grafica sono ferme; ferme ad una creatività standard: è un ossimoro, lo so, se è standard non può essere creatività. C’è un grande lavoro in regia, c’è professionalità ma nulla di più, non un guizzo di innovazione, non proposte di rinnovamento, non tentativi di cambiamento.
- T: La sua insoddisfazione mi pare dilagante, come crede che sia stato possibile arrivare a questo punto?
- P: Non so che dire, non me lo so spiegare.
- T: Tiziano Ferro?
- P: Come?
- T: Ha detto “non me lo so spiegare”, è il titolo di una canzone di Tiziano Ferro. Le chiedevo se fosse una citazione?
- P: No, per carità, io non ascolto quel genere di musica.
- T: Che genere?
- P: Quel genere. Quello lì. So chi è solo perché Mollica, il mio giornalista di spettacolo, qualche volta ne ha parlato bene, anche se poi Mollica parla bene un po’ di tutti, quindi non gli credo più molto.
- T: Mmm, non sa descrivere il genere, lo definisce quello lì ma dice che non le piace.
- P: Sì, perdoni la franchezza, ma i miei gusti musicali non sono attinenti con l’argomento della seduta. Siamo qui per parlare della perdita della mia unicità.
- T: Lei mi ha parlato del suo staff e di quanto sia poco originale.
- P: Sì, vero.
- T: Ma chi ha creato il suo staff?
- P: Io, l’ho creato io.
- T: Vede Tg 1, lei ha scelto e formato personale all’altezza dei suoi standard. Certe volte accade, però, che gli standard alla lunga diventino gabbie. Quelle che sembravano regole per mantenere elevata la qualità, se non rinnovate costantemente, diventano le ragioni che spiegano il nostro invecchiare e ci mantengono lontane dal mondo vero che continuamente evolve.
- P: Quindi, mi sta dicendo che io sarei invecchiato.
- T: Le sto dicendo che quando si smette di rinnovarsi si invecchia. Lei ha smesso di rinnovarsi?
- P: Io? Beh, pensandoci bene, non lo so, non saprei. Forse sì. (breve silenzio) Effettivamente le inquadrature sono inalterate da anni e le camere sono sempre nella medesima posizione, non c’è movimento, il telespettatore assiste a sequenze d’immagini piatte. I servizi sono borghesi, realizzati con telecamere dall’ottica perfetta ma come si può filmare un delitto fornendo immagini di alta qualità? La verità è opaca, il mondo è colmo di luci ed ombre ed io con quelle telecamere dall’ottica perfetta le appiano tutte, ma non è un bene, anzi! La scenografia asettica non mostra la realtà di una redazione, viva e movimentata, i giornalisti stanno dentro la notizia ma nei telegiornali sono così distaccati che è molto difficile crederlo. Televisivamente ci siamo banalizzati.
- T: Lei ha solo usufruito del meglio che le è stato messo a disposizione in termini di mezzi e tecnologie, ha ambito al raggiungimento della massima qualità possibile.
- P: Sì ma il massimo resta massimo solo per un po’, poi diventa abitudine.
- T: Lo sta riconoscendo, è un buon passo. La diagnosi è chiara: smarrimento delle specifiche identitarie da reiterazione di condotte transitorie.
- P: Dottoressa, dobbiamo rivederci, dobbiamo approfondire.
- T: Certamente, lo faremo nella prossima seduta.
- P: Perfetto. Grazie. Arrivederla.
- T: A presto.
1. emilioz ha scritto:
1 settembre 2015 alle 11:45