Doveva essere il deus ex machina della nuova Rai. Invece, Matteo Renzi rischia di passare come l’artefice di una clamorosa incompiuta. Sulla riforma del servizio pubblico, infatti, il premier si era giocato la faccia, lanciandosi anzitempo in proclami trionfalistici che facevano ben sperare. State sereni, a Viale Mazzini ci penso io, aveva assicurato. Proprio in queste ore, però, il capo del Governo sta avallando il rinnovo dei vertici Rai secondo le criticate logiche di lottizzazione che hanno sempre caratterizzato tale procedura.
Stavolta i gufi non c’entrano. A tirarsi la zappa sui piedi, infatti, è stato il premier stesso. “La Rai è un pezzo dell’identità culturale del Paese. Non può essere disciplinata da una legge che si chiama Gasparri” aveva dichiarato nel febbraio scorso. Per mettere le mani sulle Rai, aveva pure aggiunto, “basterebbe usare la legge Gasparri“. E, ironia della sorte, così è stato. Ieri, infatti, il rinnovo del Consiglio d’Amministrazione è avvenuto proprio con la vituperata norma.
A questa contraddizione, che Renzi ha giustificato con la mancanza di tempi tecnici adeguati, si è aggiunta quella sulla lottizzazione. Nei mesi scorsi, infatti, il premier aveva promesso di voler “sottrarre la Rai alle forze politiche“; peccato che le nomine per il nuovo CdA avvenute ieri siano state eseguite proprio secondo una logica di spartizione. Il Pd in particolare, si è aggiudicato tre consiglieri (Forza Italia due, Ncd e M5S uno a testa) e lo ha fatto – peraltro – con candidati che sembrano contraddire i criteri di meritocrazia e competenza auspicati alla vigilia.
“Devono essere i più bravi a gestire l’azienda” aveva detto Renzi nel marzo scorso. Tuttavia, al riguardo ci sfuggono le logiche di competenza che hanno portato all’elezione di più di un consigliere d’amministrazione. E a proposito di nomine, ora attendiamo quelle del Direttore Generale e del Presidente Rai. Anche e soprattutto in questo caso il premier avrà un ruolo decisivo, considerando che il suo candidato al ruolo di DG entrerà in Rai con determinate funzioni e – dopo l’approvazione della riforma – si trasformerà in Amministratore Delegato con ampi poteri.
Cambiano i premier e le legislature, ma la partita di Viale Mazzini rimane sempre la cartina di tornasole per ogni politico che si rispetti. Troppo ghiotta la posta in gioco, tale da risvegliare antiche e mai sopite brame di controllo: non c’è proprio rottamazione che tenga.
1. Giuseppe ha scritto:
5 agosto 2015 alle 16:20