Fulvio Benelli vuota il sacco. Il giornalista licenziato da Quinta Colonna per i contestati servizi sul “rom polivalente” non ci sta ad essere additato come un taroccatore di professione, e in un’intervista a Il Tempo racconta la propria versione. “Per Quinta Colonna ho girato 80 servizi. Se avessi voluto taroccare qualcosa lo avrei fatto da tempo. E mi sarei messo d’accordo con un amico fidato” ha dichiarato il cronista, replicando alle accuse piovutegli addosso. A cominciare da quella di aver pagato il protagonista dei servizi incriminati.
Quinta Colonna, Fulvio Benelli: mai pagato il rom
“Io non ho mai pagato. A questo ragazzo che mi accusa ho offerto al massimo un pranzo da McDonald’s” ha affermato Benelli. Il giornalista ha poi aggiunto: “c’è chi parla di finto rom, qui siamo davanti ad un vero rom e ad un vero truffatore“. Poi l’ex inviato di Quinta Colonna racconta la genesi dei servizi contestatigli. Tutto iniziò ad aprile, quando il direttore del Tg4 Mario Giordano gli chiese di raccogliere alcune voci di islamici all’indomani dell’uccisione di 148 studenti in Kenya.
Quinta Colonna, Fulvio Benelli: non avevo l’autonomia per decidere da solo
A Mestre, Benelli dichiara di essersi imbattuto in un tunisino che gli rilasciò dichiarazioni forti sui cristiani uccisi e – in un secondo momento – gli raccontò come i rom truffano le persone e rubano le macchine. I suoi superiori, assicura il giornalista, sapevano tutto. “Funziona così l’organizzazione di un programma. Peraltro ero a Mediaset da 8 mesi, non avevo e non ho l’autonomia per decidere da solo” ha spiegato Benelli.
Il tunisino in questione, prosegue l’ex inviato di Quinta Colonna, si scopre essere un rom.
“Mi mostra anche una condanna per furto d’auto in cui c’è scritto che ha una ‘recidiva pluriquinquennale’. Si vanta perché ruba, ma nessuno gli fa niente. E mi spiega i suoi trucchi (…) La storia è vera. Documentata. Ma non potevo fargli rubare veramente una macchina, anche perché non sapevo cosa sarebbe successo“
ha dichiarato Benelli, aggiungendo che anche in questo caso la redazione sapeva che il furto filmato era falso.
“L’accordo era che Del Debbio dicesse che nessuna auto era stata rubata”
“Sì. L’accordo era che Paolo Del Debbio, finito il servizio, dicesse che nessuna macchina era stata rubata e che il nostro intento era solo quello di “educare” i cittadini mettendoli in allerta su questo tipo di truffe. Ma non lo fece. il giorno dopo il truffatore mi chiama e mi dice che sotto casa sua ci sono i giornalisti. Che è rovinato e non può più fare truffe. Che devo trovargli un lavoro. Attacco e chiamo la mia capostruttura, le spiego la cosa e le chiedo: ma perché non avete detto che quella era una ricostruzione? Mi dice che possono fare un comunicato ma che non possono fare retromarcia. Il titolo sarà: Quinta Colonna sventa una truffa. Io obietto che non è così, che è falso. Le chiedo via sms (mostra il cellulare ndr) se Del Debbio non può spiegare la cosa nella sua striscia quotidiana. Niente da fare. Il comunicato non esce, Del Debbio non parla”.
Il 13 maggio, dopo la denuncia di Striscia, a Mediaset c’è una riunione con Mauro Crippa, direttore generale Informazione di Mediaset-RTI, il suo vice Andrea De Logu, Mario Giordano, il direttore di Videonews Claudio Brachino, la mia capostruttura Raffaella Regoli e Del Debbio. Benelli afferma di non essere stato ammesso al colloquio. “Dopo due ore escono e mi comunicano che sono stato licenziato“.
Questa la versione dei fatti fornita dal giornalista, che ora si rivolgerà ad un tribunale per far valere le proprie ragioni.
1. Giuseppe ha scritto:
20 maggio 2015 alle 19:36