Il colore dei Soldi ha chiuso i battenti, lasciando il posto ad una nuova edizione di Prendere o Lasciare, come da noi anticipato. A non abbandonarci, però, è la crisi economica. E anche sul nostro blog le difficoltà di chi ne risente sono palpabili.
Perchè mettiamo in relazione un gioco televisivo con la situazione economica in cui versa il nostro paese e gran parte del pianeta? E’ presto spiegato. Ogni giorno, uno dei post che avevamo dedicato al game-show di Enrico Papi viene raggiunto da numerose richieste di aiuto di chi questa crisi è costretto a viverla e non si è rassegnato all’impossibilità di realizzare quei sogni che Il Colore dei Soldi aveva, nel suo piccolo e con i limiti del caso, promesso di realizzare. Arrivato dall’Inghilterra, il nuovo access della rete giovane Mediaset era, infatti, partito da due presupposti fondamentali. Il primo era quello di essere il gioco “più stressante della tv“; in secundis c’era poi l’appeal di quel montepremi destinato a realizzare un piccolo o grande progetto dichiarato da ogni concorrente prima di iniziare a giocare con gli slot colorati a cui dare il fatidico “stop“.
Fra le innumerevoli richieste di coloro che ci hanno scritto (o commentato), inconsapevoli della soppressione del programma di Papi, si possono leggere le storie più disparate. Nico e Sandro, ad esempio, sono disoccupati e hanno bisogno di una mano per poter andare avanti con la propria famiglia; Giorgio che non ha “mai avuto una bella vita“, vorrebbe semplicemente “dare due stanze al figlio a cui non ho mai potuto dare granchè“; Giulio ha 28 anni, si è laureato in Economia e Commercio, e sta facendo praticantato presso uno studio. Il suo sogno? “Non essere sfruttato in continuazione“; Nilanthi è arrivato in Italia dallo Sri Lanka, e vorrebbe semplicemente dare un futuro migliore a suo figlio; Gabriella ha “lo sfratto esecutivo e due bimbe“; Lucia lavora in macelleria, ha un fidanzato che è rimasto senza lavoro e sogna di potersi sposare. E potremmo andare avanti ancora per molto.
E allora, volendo continuare a ragionare parallelamente sui binari della crisi economica e quella del Colore dei Soldi, non si può fare a meno di chiedersi se nel nostro paese manchi proprio un gioco che ne sia lo specchio e che aiuti a sperare in un futuro più roseo. A quanto pare gli slot multicolore di Enrico Papi, con tanto di Raffaella Fico sculettante, non ci sono riusciti. Scarso appeal del meccanismo del format? Probabile, ma a nostro avviso c’è dell’altro. E per spiegarlo partiremo proprio dal paese dal quale il format “The Colour of Money” è arrivato.
Nell’inghilterra del Grande Fratello più spinto, in cui proprio il papà di tutti i reality si estingue inesorabilmente, sopravvive ancora “Family Fortunes“, che di innovativo ha ben poco, anzi. Il format, attualmente in onda su ITV1, la stessa rete di X Factor, con il titolo “All Star Family Fortune“, è un quiz in onda dal 1980, e che proprio da trent’anni mette al centro del suo meccanismo le famiglie inglesi e i loro desideri da realizzare.
Il meccanismo del game è tanto elementare da risultare sulla carta piuttosto antico e senza speranze di un seguito sostanziale. Eppure, con i giusti ingredienti, il risultato finale è un prodotto godibile e capace di farsi guardare, strappando anche più di un sorriso. Tutte le manche del gioco, infatti, ruotano intorno ad un medesimo perno, divenuto un tormentone legato anche agli spot degli sponsor dello show: “we asked 100 people to name something that…“, ovvero “abbiamo chiesto a 100 persone di fare il nome di qualcosa che…”. Le combinazioni sono infinite, e le due famiglie in gara possono essere chiamate ad indovinare che cosa ha risposto il campione di 100 individui, chiamati a “nominare qualcosa che di solito si dimentica al ristorante“, piuttosto che “qualcosa che ha a che fare con l’Italia” e così via…
Spirito del gioco? Aiutarsi a vicenda, facendo lavorare i nonni al fianco dei nipoti, così come i genitori con i figli, per raggiungere uno scopo comune. E se nell’ultima edizione il fine ultimo delle famiglie è quello di vincere una cifra da poter dare in beneficenza ad un ente scelto al momento della partecipazione, in passato non è stato così; Family Fortunes ha regalato alle famiglie in grado di sognare e di mettersi in gioco, automobili, televisori, elettrodomestici, pacchetti vacanze. La formula è incredibilmente semplice, e le cifre in palio sono infinitamente inferiori a quelle alle quali ci hanno abituato show come Chi vuol Esser Milionario, eppure lo show funziona.
Funziona perchè il conduttore, Vernon Kay, mimica corporea in pieno stile Jim Carrey e battuta sempre pronta, diverte e rassicura insieme; funziona perchè è lineare e adatto a tutti, senza pretese di essere stressante, al cardiopalma o innovativo a tutti i costi; funziona perchè l’effetto amarcord, che tiene viva la tele-nostalgia sulla quale hanno puntato programmi come “Tutti Pazzi per la Tele“, è garantito da una messa in onda trentennale, che non può non richiamare alla memoria gli esordi dello show.
Se la soluzione alla crisi (dell’access giovane) di Italia Uno fosse da ricercare nelle nostre “Family Fortunes“? Se la carta da giocare fosse proprio un vecchio show, rassicurante e già noto, da riproporre in chiave moderna? L’esempio inglese è palese, così come palese appare il flop de Il Colore dei Soldi. E se gli italiani hanno bisogno di sognare, forse bisognerebbe tenere presente questa necessità. Per cercare di dare al pubblico il sogno di un’opportunità, magari da vivere con la propria famiglia, magari col sorriso sulle labbra. Lo stress, per una volta, lasciamolo a casa.
1. kiokio ha scritto:
21 ottobre 2009 alle 14:47