Affari Tuoi vince il Premio TV 2014 e tutti vissero felici e contenti. Che poi, ironia della sorte, il gioco dei pacchi se lo meriterebbe pure, quest’anno, il premio, non solo per i risultati ottenuti – ha superato nella stragrande maggioranza dei casi Striscia la notizia, quest’anno veramente stantìo – ma anche di un Flavio Insinna particolarmente brillante (forse anche troppo!), che ha contribuito a ridare lustro ad un programma che, comunque, se la cavava piuttosto bene anche con Max Giusti.
Peccato che la giusta vittoria di Affari Tuoi vada in netto contrasto con un premio che, quest’anno più che mai, ha subìto una decisa marcia indietro, perdendo di vista quello che è a tutti gli effetti il suo scopo principale: riconoscere i programmi qualitativamente migliori della stagione passata. Non i programmi “nazional popolari”, come ci ha tenuto a precisare il Presidente dell’Accademia Gigi Vesigna, ma quei programmi che, aldilà degli ascolti, sono riusciti ad emergere nel mare magnum della televisione italiana. Invece il riconoscimento ideato da Daniele Piombi ha voluto ancora una volta prendere le distanze dalla nuova tv, quella con cui i broadcaster principali giocoforza devono fare i conti, confermandosi di nuovo delle larghe intese a maggioranza Rai, curiosamente in linea con il clima amichevole che aleggia in Parlamento tra i partiti a sostegno di Matteo Renzi.
Eppure la Rai non è più quella di 15 anni fa, e appare veramente anacronistico che si auto-incensi fingendosi portabandiera della tv migliore d’Italia, così come appare assurdo che Mediaset venga presentata ancora con la solita manciata di programmi storici, come se nel mentre – sia sulle stesse generaliste che sul digitale terrestre – non sia stato proposto altro in questi anni. E’ chiaro, dunque, che qualcosa non funziona, e bene ha fatto Sky a disertare il riconoscimento per Sky Tg 24, che aveva il sapore di contentino nonostante l’azienda guidata da Zappia abbia tra le sua fila almeno uno dei migliori programmi di questa stagione (avremmo premiato con piacere MasterChef, ad esempio).
E dire che il premio nasce proprio come riconoscimento tecnico, e non per premiare i programmi più “pop”, per cui invece esistevano non a caso i Telegatti. E’ vero, uno non esclude affatto l’altro, ma è altrettanto vero che, tra i 100 giornalisti, più di qualcuno probabilmente ha avuto qualche strano vuoto di memoria durante la duplice votazione. Anche perché non si spiega altrimenti per quale motivo siano stati di nuovo premiati Ballando con le stelle, Striscia la Notizia, Le Iene e L’Eredità. Certo, incolpare la sola giuria (e l’Academy che seleziona i 10 vincitori tra i TOP 20 presentati) sarebbe sin troppo semplice, nonostante a nostro avviso sia arrivato il momento di ripensarne i componenti, magari – come avviene nei più noti Emmy – invitando anche gli addetti ai lavori, per consentire una valutazione il più possibile obiettiva e fugare ogni dubbio su eventuali simpatie nei confronti di determinati programmi.
E’ comunque evidente che la stessa Top10 risulti oggi fortemente limitante, per via della vasta produzione tra daytime e prime time, peraltro sempre a vantaggio della seconda. Anche in questo caso ci sentiamo di suggerire l’introduzione delle categorie, come tra l’altro avviene in gran parte dei premi internazionali, onde evitare di ritrovarsi Top10 troppo ambigue, stilate con il caro vecchio manuale Cencelli e non con quel criterio critico che invece si confà ad un tale riconoscimento.
Certo, per i 60 anni della televisione la struttura di questa edizione del Premio Tv potrebbe anche essere giustificata. Ma dalla prossima, come auspicato anche dal Direttore di Rai1 Giancarlo Leone su Twitter, si deve necessariamente voltare pagina. Perché la televisione nel mentre è veramente cambiata.
1. Fiò ha scritto:
12 marzo 2014 alle 13:23