“Nel mezzo del cammin di mia carriera, mi ritrovai in uno studio oscuro, chè la diritta via era smarrita”: chissà se Fabio Troiano abbia ripetuto, fra sé e sé, queste strofe al suo ingresso nello Studio 2000 di Via Mecenate per il primo live di The Voice. Si, perché, malgrado una rigidità da far invidia a una guardia svizzera e una voce spezzata dall’emozione, il buon vecchio Troiano è la netta conferma che conduttori non ci s’improvvisa, ma si nasce. I suoi tentennamenti, la sua freddezza e la sua innata capacità di mortificare qualsiasi tentativo di suspense e pathos, ne fanno un punto debole grave per un programma che si è rivelato forte e coinvolgente.
16 “voci” 16 candidate alla vittoria riescono a regalare performance attente e meticolosamente confezionate, valorizzate dalle scelte dei propri coach e incorniciate da suggestivi effetti visivi e sonori. I giudici? Più distesi e complici, soprattutto Raffaella Carrà che, dai “faremo grandi cose insieme” e dai “siete straordinari e meravigliosi”, è passata al “potevi fare di più” e al “non è ancora il tuo momento” indirizzati alle ‘povere’ Michelle Perera (sarebbe dovuta passare lei, a nostro parere!) e Paola Licata. Più buonista e delicata, anche per via del look alla Biancaneve, Noemi non riesce a staccarsi dal suo Team, soffrendo per la sorte dei suoi protetti e per l’eliminazione di due sue “cellule”. Paterni e attenti a valorizzare le potenzialità dei propri allievi, Riccardo Cocciante e Piero Pelù si mostrano i più coinvolti emotivamente e professionalmente, partecipando al calvario personale di ciascun adepto.
Ci avevano promesso pathos; ci avevano promesso spettacolo e, se non fosse per l’ultimo evaso dal reparto di criogenia Fabio Troiano, diremmo che The Voice ha mantenuto la sua promessa, anche se l’invito a dare di più resta d’obbligo.
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Certo, non è mancata nemmeno qualche nota stonata, a cominciare dalla corale proposizione di “Because The Night” di Patti Smith da parte dei quattro giudici a inizio puntata. Oltre ad esserci assicurati che la Smith non abbia rinunciato, anche stavolta, al suo look rockettaro fra il trasandato e l’iconico, incurante di personal shopper e hair stylist, i coach, dal canto loro, non sono riusciti a rendere giustizia a una delle canzoni più famose e ritmate della cantante, tanto da spingerla ad appellarsi al Dio Metallo per un sentito “Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno”.
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1. RobyJex ha scritto:
26 aprile 2013 alle 01:08